Introduzione
Quando passerà la mia gloria, io ti metterò in una buca del monte e ti coprirò con la mia mano finché io sia passato (Es. 33,22)
C’è una scena tra le più solenni, dense di mistero e potenza rivelativa, che il libro dell’Esodo ci consegna nel cuore del Sinai: Mosè, il servo fedele, chiede a Dio ciò che è impossibile all’uomo: «Fammi vedere la Tua gloria». La risposta di Dio è un atto di misericordia e di sapienza divina: «Io ti metterò in una buca del monte e ti coprirò con la Mia mano». Ma cosa accade, realmente? Mosè viene nascosto nella fessura di una roccia, mentre Dio dichiara di coprirlo con la Sua mano. Ecco dunque la verità teologica che squarcia ogni lettura superficiale: la Roccia è la mano stessa di Dio.
Non stiamo parlando di un’allegoria poetica, ma di una forma di antropomorfismo rivelativo. Dio non ha bisogno di dita per coprire, ma ha bisogno che l’uomo comprenda. Così si esprime in termini umani, ma in un contesto di sacra realtà. La Roccia non è mera pietra: è il segno tangibile della protezione divina. È Dio stesso che si frappone tra la Sua gloria e la creatura, affinché l’uomo non perisca. Mosè non si rifugia dietro un sasso, ma viene nascosto in Dio.
Ecco perché quella Roccia non si frantuma al passaggio della gloria. Perché è la gloria a sostenere la gloria. Dio non può autodistruggersi, e la Sua mano, che è anche la Sua essenza, resta intatta. Chi interpreta questo passo con categorie moderne – scienza, tecnologia, ingegneria extraterrestre – è cieco alla grandezza spirituale che trabocca da ogni parola della Torah. Non è una nave spaziale che passa davanti a Mosè, ma la santità vibrante del Creatore, e la Roccia è la Sua mano eterna, tesa a salvare.
Dio come Roccia in tutta la Scrittura
La figura della «roccia» per descrivere Dio non è un’eccezione poetica, ma un tema portante di tutta la Rivelazione. Il Dio d’Israele si presenta, si dichiara e viene invocato come «la Roccia» in cui rifugiarsi, il fondamento stabile, eterno, immutabile. Mosè stesso, alla fine della sua vita, canta: «Egli è la Roccia; le Sue opere sono perfette» (Deut. 32,4). Il salmista proclama: «Solo in Dio trova riposo l’anima mia; Lui solo è la mia Rocca e la mia salvezza» (Sal. 62). Isaia lo chiama «la Roccia dei secoli» (Is. 26,4), un’immagine che trascende il tempo e la materia.
La roccia, nel linguaggio biblico, non è solo un rifugio fisico: è un attributo dell’essere di Dio. In un mondo instabile, mutevole, soggetto al peccato e alla rovina, Dio si rivela come ciò che non può essere scosso. La roccia è protezione, giustizia, salvezza, fedeltà. È su questa base che si fonda la fede del popolo eletto: non su sabbie mobili, ma su una pietra eterna.
Ma questa roccia non è un concetto astratto. È una Persona. L'apostolo Paolo, nel pieno della rivelazione messianica, scrive: «Quella Roccia era il Messia» (1 Cor. 10,4). Non solo Dio è la Roccia, ma il Messia ne è l’incarnazione storica e spirituale. Dunque, quando Mosè è nascosto nella Roccia, è un’ombra profetica del rifugio che ogni uomo troverà in Yeshua. Non c’è salvezza fuori da questa Roccia. E non c’è teologia che possa reggere se si nega che Dio stesso è il rifugio, il fondamento, la protezione.
Chi cerca una “spiegazione tecnologica” sta cercando una roccia in frantumi. Ma chi cerca la verità spirituale, troverà la Roccia che salva.
La gloria che passò non era una "macchina": era santità che camminava
In un’epoca che ha trasformato la scienza in religione, alcuni cercano nel testo biblico elementi tecnologici, cosmici, perfino ingegneristici, per spiegare l’inspiegabile. Leggono Esodo 33 e vedono una “navicella”, una “presenza meccanica”, un “dispositivo alieno”. Ma ciò che la Scrittura descrive non è un oggetto volante: è la gloria di Dio, la santità in movimento, la bontà che avanza. «Io farò passare davanti a te tutta la Mia bontà» – così parla il Signore. Non luce artificiale, ma splendore morale. Non vibrazioni metalliche, ma rivelazione spirituale.
Chi riduce la gloria di Dio a tecnologia, non ha capito nulla della gloria di Dio. Perché essa non è qualcosa che si misura, ma qualcosa che si teme. Non è un fenomeno osservabile, ma un mistero che ci costringe in ginocchio. La gloria di Dio non si può spiegare, si può solo accogliere. Essa è l’essenza della Sua santità, la luce del Suo volto, il peso della Sua maestà. E quando passa, non lascia dietro sé un’ombra, ma una trasformazione.
Mosè non fu testimone di un “evento straordinario”: fu toccato dalla realtà ultima. E quando scese dal monte, il suo volto brillava. Nessuna macchina può fare questo. Solo la gloria di Dio può penetrare così profondamente da lasciare un segno sull’anima e sulla carne. Il cuore di questo racconto non è un enigma tecnico da risolvere: è un appello al ravvedimento, una chiamata alla santità, un invito a cercare la gloria vera – quella che non si vede con gli occhi, ma si imprime nel cuore.
Non era tecnologia. Era Teofania. Non era un UFO. Era il Santo d’Israele che passava davanti a un uomo.
Il volto nascosto e la rivelazione futura
Quando Mosè chiede di vedere la gloria, Dio risponde: «Non puoi vedere il Mio volto». Ed ecco un altro dei grandi misteri che solcano tutta la Scrittura: il volto di Dio è nascosto all’uomo peccatore, perché l’uomo, nella sua condizione decaduta, non può sopportare la pienezza del Santo. Ma Dio non è un volto irraggiungibile. Egli è un volto che si è fatto carne, un giorno, in un tempo stabilito.
Nel quarto Vangelo, leggiamo:
Il Verbo è diventato carne e ha tabernacolato per un tempo fra di noi, pieno di grazia e di verità; e noi abbiamo contemplato la Sua gloria (Giov. 1,14)
Quella gloria che Mosè poté solo intravedere da dietro, cioè in modo velato, noi oggi la contempliamo nel volto del Messia, nella Sua umiltà, nella Sua potenza, nella Sua croce.
Yeshua dice: «Chi ha visto Me ha visto il Padre» (Giov. 14,9). È Lui la rivelazione del volto nascosto. È Lui la gloria visibile. È Lui la Roccia da cui scaturisce l’acqua per i nostri cuori aridi. La Roccia di Esodo 33 era una profezia vivente: Dio stesso si sarebbe fatto uomo, si sarebbe nascosto in un corpo di carne, per rivelarsi senza consumarci.
Il volto negato a Mosè è il volto offerto a te oggi. Non lo devi cercare nel cielo con telescopi o sonar. Lo trovi nel Getsemani, sul Golgota, e nel sepolcro vuoto. Il volto è Yeshua. La gloria è Yeshua. La Roccia è Yeshua.
Conclusione
E allora comprendiamo. Mosè fu nascosto nella Roccia. Tu puoi essere nascosto nel Messia. Mosè fu protetto dalla gloria. Tu puoi essere trasformato dalla gloria. Mosè vide da dietro. Tu puoi contemplare il volto. La Roccia che salvò Mosè, oggi è una persona viva, un Salvatore glorioso, un Redentore che chiama ogni uomo: «Venite a Me, voi tutti che siete affaticati e oppressi».
Oggi, quella mano che coprì Mosè è la mano inchiodata sulla croce, che ancora si tende a chi vuol ravvedersi. Oggi, quella Roccia che fu protezione, è diventata fondamento. «Su questa Roccia edificherò la Mia Kehillah» disse il Signore. E quella Roccia è una persona: Yeshua il Messia.
A te, che sei scettico, che cerchi nella Bibbia astronavi, metalli volanti e inganni extraterrestri, io dico: guarda meglio. Non cercare la macchina. Cerca il Messia. Non inseguire i miti. Accogli la gloria. E tu, credente, smetti di temere il mondo e rifugiati nella Roccia che salva. Non è la pietra che protegge: è il Dio eterno che si è rivelato nel Figlio.
Oggi, quella Roccia non è su un monte: è nel tuo cuore, se solo crederai. Ravvediti, rifugiati, adora il Signore. Perché quella mano che una volta coprì Mosè, oggi ti copre ancora.