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HaDerek FORUM

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2 Risposte
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Shalom, fratello Daniele rivolgo questa domanda a te: 


In uno dei tuoi video, se non erro in pillole di ebraicitá, hai spiegato la scrittura di Matteo 5:17-20. Ciò che ho compreso è l'importanza, per il nostro ruolo nel regno millenario, di rispettare quelle leggi che sentiamo "nostre."


Ma non essendo sotto la legge di Mosè, bensì sotto la grazia, rispettare quelle leggi che sentiamo per noi, è come un'offerta dal cuore nei confronti del Signore. 


Faccio un esempio personale: ci sono alcune leggi che adempio spontaneamente, senza sforzo e con la consapevolezza che è giusto. Da qualche giorno ho un freno nel voler mangiare la carne di maiale, a differenza delle altre, questa l'ho presa più come un dovere e questo atteggiamento non so se sia corretto o se mi pone involontariamente sotto un "giogo."

 La domanda che vorrei porti è: se scelgo di non mangiare il maiale (faccio questo esempio ma equivale con qualsiasi altra legge attinente a noi gentili), essendo una legge, quindi un comandamento di Dio, ma poi ne mangio, commetto peccato? 


Spero di essermi spiegata bene, grazie per la risposta. Dio vi benedica.



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Cara Gloria,

grazie per aver espresso il tuo pensiero con tanta chiarezza! Cercherò di risponderti con la stessa limpidezza.

Per chi non è nato sotto la Torah, l’osservanza non è un obbligo, mentre per ogni ebreo osservante lo è. Naturalmente, ciò non significa che un credente in Yeshua non abbia obblighi, perché la legge del Messia è fondata sull'amore. Se ami il Maestro, osservi i comandamenti, e se osservi i comandamenti sei amata dal Padre!

Ora, quando "scegliamo" (non sempre è opera nostra, cfr. Filip. 2,13) di fare qualcosa spontaneamente, possiamo chiamarla "legge naturale". Si tratta di quei principi che Dio ha scolpito nel nostro essere (Eccl. 3,11) e che mettiamo in pratica senza bisogno di istruzioni scritte. Per esempio, ogni persona sa che uccidere è sbagliato, non perché lo ha studiato o qualcuno glielo ha insegnato, ma perché ne è naturalmente consapevole di questo. Romani 2 parla proprio di chi obbedisce alla Torah senza conoscerla esplicitamente.

"Egli ha fatto ogni cosa bella al suo tempo; ha perfino messo nel loro cuore il pensiero dell’eternità, sebbene l’uomo non possa comprendere dal principio alla fine l’opera che Dio ha fatta." (Eccl. 3,11)
Infatti quando degli stranieri, che non hanno Torah, adempiono per natura le cose richieste dalla Torah, essi, che non hanno Torah, sono Torah a sé stessi; essi dimostrano che quanto la Torah comanda è scritto nei loro cuori, perché la loro coscienza ne rende testimonianza e i loro pensieri si accusano o anche si scusano a vicenda. (Rom. 2,14-15)

Pertanto, se "per esempio" ti senti di non mangiare più maiale in obbedienza alle indicazioni di Lev. 11,7 e Deut. 14,8 o di seguire altri precetti che si applicano alla tua vita, questo è un atto di obbedienza. Nessuno ti ha costretto, ma è la tua coscienza (lo Spirito Santo) che ti sta guidando in questo. Nessun atto di obbedienza è merito umano, perché è opera di Dio. La cosa più importante è che il motivo della tua obbedienza non sia il desiderio di guadagnare la salvezza eterna, perché questa è un dono gratuito del Signore, altrimenti sarebbe un merito. Come hai appreso dal mio libro La Chiave della Fede, le opere non ci salvano, ma sono il frutto naturale di una salvezza autentica già ricevuta. Chi non è nato di nuovo, non sente neanche lontanamente il desiderio di obbedire intenzionalmente a Dio. Se lo fa è per spontaneità (legge naturale). Seguire la Torah con gioia significa desiderare di compiacere il Padre celeste, ed Egli promette una ricompensa per questo.

Se il tuo nuovo stile di vita è qualcosa che senti nel cuore e lo porti avanti con gioia, allora è un segno di amore e fedeltà al Signore. Ma se un giorno dovessi sentire di non voler più seguire certe pratiche e tornare a ciò che facevi prima (sempre rimanendo nella volontà di Dio), non è peccato. Il Signore guarda al cuore e premia l'impegno sincero, non è un giudice severo che punta il dito per rinfacciare un cambiamento. L'importante è non scadere dalla grazia attraverso il rinnegamento della grazia. Così come la salvezza non dipende dalle opere, nemmeno la perdizione dipende dalle opere!

Credo che ciò che davvero dispiaccia al Signore sia la mancanza di impegno. Almeno un tentaivo non guasta. Se ci provi con sincerità, Egli se ne rallegra. Se non riesci a portarlo avanti, non temere: ciò che conta è l’intenzione del cuore. Come hanno insegnato sia Mosè che Paolo, i comandamenti sono "prove" (Es. 20,20; 2 Cor. 2,9), e come tali Dio non ci chiede di fare cose che non siamo in grado di adempiere (1 Cor. 10,13). Fin dove arrivi, arrivi. Nessuno può osservare tutta la Torah alla perfezione, ed è per questo che il Signore guarda al nostro desiderio di compiacerlo nei limiti delle nostre capacità e alla nostra disponibilità ad obbedire con amore verso di Lui.

Ti abbraccio forte!

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Autore

Grazie infinite Daniele, è molto chiaro ora e mi sento alleggerita. Ti abbraccio forte, Dio ti benedica.

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Amen, Gloria. Come dice il Signore: "poiché il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero" (Mt. 11,30).
Un abbraccio.