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Chi vuoi che guidi la tua vita?

4 febbraio 2025 di
Chi vuoi che guidi la tua vita?
Giusy Conforto
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Introduzione

Ognuno di noi affronta momenti in cui si chiede chi stia davvero guidando la propria vita. Siamo noi a prendere le decisioni basandoci sulle nostre capacità e conoscenze, o permettiamo a Dio di condurci secondo la Sua volontà? La storia di Mosè ci offre un potente esempio di come Dio possa trasformare una vita, rendendo un uomo debole e insicuro uno strumento di liberazione e redenzione.

La formazione di Mosè

Dio non sceglie uomini e donne forti e perfetti, ma prende uomini e donne deboli e li rende forti nelle Sue mani. Mosè è un esempio lampante di questo principio. La sua storia, narrata in Esodo, si sviluppa in tre fasi principali:

  1. Quarant'anni alla corte del faraone.
  2. Quarant'anni in esilio presso il suocero.
  3. Quarant'anni come liberatore d'Israele.

Nei primi tre mesi di vita, Mosè visse con sua madre, che lo nascose per proteggerlo dall'ordine del faraone di uccidere i neonati maschi degli ebrei. Quando non poté più tenerlo nascosto, lo affidò alla Provvidenza, mettendolo in una cesta e affidarlo al fluire del Nilo. Fu la principessa d'Egitto, figlia del faraone, a trovarlo e, ironicamente, lo riconsegnò alla madre naturale per lo svezzamento. Questo periodo fu cruciale per Mosè, poiché gli permise di ricevere un imprinting materno fondamentale.

L'imprinting, in psicologia, è il legame forte e spesso permanente che si sviluppa con la prima figura di riferimento. Questo legame inizia già nel grembo materno e si rafforza attraverso il contatto fisico e le interazioni affettive con la madre [1]. Per Mosè, quei primi anni con la madre furono essenziali per la sua identità e il suo futuro ruolo.

La crisi di Mosè e la fuga in Madian

Dopo essere stato allevato come un principe egiziano destinato al trono e istruito in tutta la sapienza che l'Egitto aveva da offrire (At. 7,22), Mosè compì un'azione impulsiva: uccise un egiziano che stava maltrattando un ebreo. Il suo gesto, seppur mosso da un senso di giustizia contro l'ingiustizia, lo costrinse a fuggire nel deserto di Madian, dove visse altri quarant'anni come pastore. Qui sposò Sefora, figlia di Ietro (altrove è chiamato "Reuel" una sola volta, Es. 2,18), e si trovò a condurre una vita umile, lontano dal lusso e dal potere a cui era abituato.

Possiamo immaginare i pensieri di Mosè mentre portava il gregge al pascolo: il rimorso per aver ucciso un uomo, il senso di colpa, l'amarezza per aver "abbandonato" i suoi fratelli ebrei in quella condizione di schiavitù. La sua vita sembrava segnata dall'esilio e dall'anonimato, ma Dio aveva altri piani per lui.

Il bastone di Dio

Un giorno, Dio apparve a Mosè in un roveto ardente, chiamandolo a essere il liberatore d'Israele. Mosè, insicuro e timoroso, cercò di giustificarsi dicendo di non essere un buon oratore e di non avere le capacità per tale missione. Ma Dio non cerca strumenti perfetti, bensì persone disposte a fidarsi di Lui.

Un elemento simbolico centrale in questa chiamata è il bastone di Mosè. Fino a quel momento, quel bastone era stato il suo supporto, un simbolo della sua vita da pastore e della sua zona di comfort. Tuttavia, quando Dio lo trasformò nel «bastone di Dio» (Es. 4,17-20), esso divenne uno strumento di prodigi e liberazione. Questo ci insegna che quando mettiamo la nostra vita nelle mani di Dio, Egli trasforma le nostre debolezze in strumenti di forza e riscatto.

La lezione del giogo leggero

Yeshua ci invita a prendere il Suo giogo, promettendo che sarà «dolce e leggero» (Mt. 11,28-30). Nell'antichità, un bue giovane veniva affiancato a uno più esperto per imparare a lavorare con il minimo sforzo. Allo stesso modo, quando ci affidiamo a Dio, Egli ci guida e ci solleva dal peso delle nostre paure e insicurezze.

La lettera ebraica ל (lamed) che ha la forma di un bastone, rappresenta l'idea di forza e autorità. Unita alla lettera א (alef), forma la radice אל (el), che fonde insieme i concetti di potenza (ל) che quello di giogo (א). Questo significa che Dio non ci schiaccia sotto il peso della nostra vita, ma ci insegna a vivere liberi dalle catene del passato.

Conclusione

Mosè fu chiamato per liberare Israele, e oggi noi, come figli di Dio, siamo chiamati a liberare chi è ancora prigioniero delle proprie paure e del proprio passato. Questo accade solo quando smettiamo di aggrapparci al nostro "bastone" e permettiamo a Dio di guidarci con il Suo. La domanda finale è chiara e diretta: chi vuoi che guidi la tua vita?


Not​a

[1] Sull'imprinting neonatale si veda il portale imamma.it (link all'articolo:Bonding neonatale: cos’è e come rafforzarlo ).

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