Introduzione
La parashah ci conduce a cogliere il cuore del significato del Tabernacolo: la dimora del Dio vivente in mezzo al Suo popolo. Nell’Esodo, esso appare come una struttura mobile, segno visibile della presenza divina fra Israele. In Ezechiele, Dio promette che sarà Lui stesso a purificare il Suo popolo per poter abitare dentro di loro, tabernacolando nei cuori. Nel quarto Vangelo, questa promessa si compie in Yeshua: attraverso la Sua morte redentrice, Egli diventa il mezzo della purificazione definitiva, realizzando la piena e permanente dimora di Dio in mezzo all’umanità.
Parashah (Es. 35,4.29-35)
Mishkan: opera condvisa e figura del Messia
Entriamo ora nel cuore della costruzione del Tabernacolo. L’intero popolo d’Israele fu coinvolto attivamente, contribuendo con offerte volontarie (Es. 35,4). Questo ci insegna che nel Regno di Dio non ci sono spettatori passivi: ciascuno è chiamato ad essere partecipe, secondo le proprie capacità e la generosità del cuore (Es. 35,29). Gli artigiani incaricati dei lavori — dalla lavorazione dei metalli alla falegnameria, fino all’arte del ricamo — erano scelti da Dio stesso e riempiti del Suo Spirito. Tra questi spiccano i capomastri Betzaleel e Ooliab (Es. 35,30-35), uomini abili che consacrarono la propria vita e il proprio talento alla costruzione del Santuario.
Questo principio è valido anche oggi: in una Kehillah ogni membro contribuisce all’edificazione del Corpo del Messia, secondo i doni e i carismi distribuiti dallo Spirito Santo. Tutto è finalizzato al bene comune (1 Cor. 12,7), da realizzare con amore, unità, decoro e ordine (1 Cor. 14,40).
Ma il Tabernacolo non era solo un’opera collettiva; esso parlava profeticamente di Yeshua e del Suo sacrificio. Ogni elemento prefigurava la Sua opera redentrice. Se si traccia una linea tra le componenti principali del Tabernacolo, si delinea simbolicamente una croce: nel cortile si trovano l’altare di bronzo e la conca per le abluzioni; entrando nella tenda, a sinistra brilla la Menorah, a destra la tavola dei pani della Presenza, e di fronte alla cortina si erge l’altare dei profumi. Nel Santo dei Santi si trova infine l’Arca dell’Alleanza. Tutto converge sulla figura di Yeshua, l’unica Via che conduce al Padre.
Infine, il Tabernacolo è anche un modello per il nostro cammino spirituale verso la presenza di Dio. Per entrare nel luogo Santo dobbiamo prima purificarci, lasciando fuori ogni distrazione. Solo allora, illuminati dalla luce della Menorah — simbolo dello Spirito Santo — possiamo comprendere la Parola esposta sulla tavola dei pani, essere trasformati a immagine del Messia e lasciar salire al cielo preghiere come profumo soave, rese efficaci perché conformi alla volontà del Padre.
Haftarah (Ez. 36,16-38)
Dal cuore di pietra al Tabernacolo vivente
Il popolo d’Israele ha spesso manifestato infedeltà verso YHWH, profanando il Suo Nome davanti alle nazioni. Ma Dio, fedele al Suo patto e per amore del Suo Nome santo (Ez. 36:22), promette di intervenire con grazia sovrana: purificherà le loro iniquità, donerà un cuore nuovo e metterà dentro di loro un nuovo spirito (v. 26).
«Metterò dentro di voi il mio Spirito e farò in modo che camminerete secondo le mie leggi, osserverete e metterete in pratica le mie prescrizioni» (Ez. 36,27)
Ciò che l’uomo non può fare con le sue forze — a causa della sua natura corrotta — Dio lo rende possibile mediante il dono dello Spirito Santo. Egli incide la Torah non più su tavole di pietra, ma nei cuori di carne, rendendola viva e operante. Così, ciascun credente rigenerato diventa un Tabernacolo vivente: Dio non abita più in edifici materiali, ma prende dimora dentro di noi, santificando il nostro essere e rendendoci strumenti per manifestare la Sua gloria nel mondo.
Besorah (Giov. 11,47-58)
Un sacrificio per radunare i dispersi
Il sommo sacerdote Caiafa, pur inconsapevolmente, profetizzò che Yeshua sarebbe morto non solo per la nazione di Israele, ma anche per radunare in uno tutti i figli di Dio dispersi nel mondo (Giov. 11,49-53). La morte di Yeshua è il mezzo della purificazione dai peccati: il sacrificio perfetto, gradito a Dio, che compie ciò che nessun sacrificio levitico poteva ottenere. In Lui, ogni essere umano — non solo Israele — può trovare salvezza. Tutti coloro che si ravvedono e Lo accolgono come Salvatore e Signore personale ricevono il perdono dei peccati e la vita eterna.
Conclusione
Ciò che un tempo era un santuario mobile nel deserto, attraverso l’opera redentrice di Yeshua è diventato realtà spirituale in ogni credente rinato: ciascuno è ora un Tabernacolo vivente. Il vero Tempio di Dio è dunque la Kehillah — la comunità formata da ebrei e gentili rigenerati — nei cui cuori, trasformati da pietra in carne, dimora lo Spirito Santo, che li anima per vivere in comunione con il Dio vivente. Come un tempo gli artigiani e i servi si adoperavano alla costruzione del Tabernacolo nel deserto, oggi siamo chiamati a edificare il Regno di Dio sulla terra con vite consacrate, in unità di Spirito, riflettendo la Sua gloria.
Yeshua è la pietra angolare su cui tutto l’edificio si unisce armoniosamente, crescendo per diventare un Tempio santo nel Signore, nel quale anche noi siamo edificati per essere dimora di Dio nello Spirito (Ef. 2,19-22).