Introduzione
In un mondo che spesso ci sfida a comprendere i misteri della vita e della fede, ci viene ricordato che i piani di Dio sono oltre la nostra comprensione. Le Scritture ci invitano a fidarci di Lui, anche quando le circostanze sembrano incerte, perché dietro ogni esperienza c'è un disegno divino che ci guida verso un cammino di trasformazione e grazia. La storia della redenzione, dal sacrificio alla risurrezione, ci parla di una speranza che va oltre le difficoltà del presente, proiettandoci verso un futuro di luce e pace. Mentre ci addentriamo in questo viaggio, scopriamo come le Scritture antiche, le parole del Messia e la Sua opera redentrice sono il Fondamento su cui possiamo costruire la nostra fede, in attesa del compimento delle promesse di Dio.
Parashat Vayggash (Genesi 37,26-27; 43,9; 44,33-34; 45,5-8)
Rivelazione e redenzione: il perdono di Giuseppe
L’astuta strategia di Giuseppe nel celare la coppa d’argento nel sacco di Beniamino e nel trattenerlo in Egitto non fu un mero artificio, ma un raffinato banco di prova: egli intendeva sondare i cuori dei suoi fratelli per discernere se avessero infine riconosciuto il loro peccato, quando per invidia lo avevano venduto ai mercanti (Gen. 37,27-28), e se ancora una volta sarebbero rimasti insensibili al dolore straziante del padre. La combinazione di rigore e clemenza da parte di Giuseppe si rivelò il catalizzatore della loro metanoia, il ravvedimento tanto atteso. Questo drammatico episodio anticipa profeticamente il giorno in cui Israele, con cuore contrito, confesserà la propria colpa nei confronti del Messia e lo piangerà con il dolore profondo riservato a un figlio unico (Zac. 12,10).
Giuda, prendendo la parola, svela a Giuseppe l’amore immenso che il padre nutriva per Beniamino e il perpetuo lamento per la perdita del figlio prediletto. Egli comprende che un nuovo lutto sarebbe insostenibile per il vecchio patriarca e, con spirito di abnegazione, si offre come schiavo al posto del fratello (Gen. 44,33-34). Questo atto segna il suo radicale mutamento interiore: colui che un tempo non esitò a vendere Giuseppe per vile guadagno (Gen. 37,26-27), colui che in seguito si immerse nell’inganno e nell’impurità (Genesi 38), ora si fa garante della vita di Beniamino (Gen. 43,9) e infine si prostra in intercessione con un cuore trasformato. L’antica indifferenza cede il passo a un amore sacrificale, emblema di una coscienza redenta.
Infine, il momento tanto atteso si compie: Giuseppe si fa conoscere ai suoi fratelli, dissolvendo ogni paura con parole di incoraggiamento e dichiarando con solenne chiarezza che non fu la loro mano, ma il disegno provvidenziale di Dio a condurlo in Egitto, affinché divenisse strumento di salvezza (Gen. 45,5-8). Il loro abbraccio, suggellato dal bacio fraterno, sancisce la riconciliazione e il perdono. Questo straordinario evento prefigura la gloria futura, quando il Messia, il "Cristo crocifisso e risorto", si rivelerà a Israele non più come un ignoto rigettato, ma come il Re misericordioso che essi avevano atteso da secoli.
Haftarah (Ezechiele 37,15.28)
L'unificazione di Israele: il Regno del Messia
Il profeta Ezechiele, in obbedienza al comando divino, prende due pezzi di legno, simbolo dei due regni separati: Giuda e Israele. Unendoli, il Signore manifesta il Suo disegno di unificazione, un profetico segno della futura riunione delle tribù di Israele sotto un unico sovrano, il Messia. Questo re non solo li guiderà, ma li salverà, purificherà e ristabilirà come un solo popolo sotto la Sua giustizia. In quel giorno, le benedizioni promesse da Dio saranno abbondanti sulla Terra, e con essa il patto eterno di pace, sigillato dalla Sua presenza in mezzo a loro (Ez. 37,15-28). Il santuario divino, la Sua dimora in mezzo al Suo popolo, sarà il segno tangibile di questa presenza, un segno che prefigura la realizzazione di queste promesse nei giorni futuri. Quando Yeshua, il Messia, regnerà nel Suo glorioso Millennio, Israele sperimenterà finalmente il compimento di queste visioni profetiche, sotto il Suo regno di pace e giustizia.
Besorah (Luca 24,30.36-43-48)
La rivelazione del Messia: adempimento e salvezza
Come Giuseppe si rivelò ai suoi undici fratelli, così Yeshua si rivelò ai suoi undici discepoli, ma con una manifestazione ancora più sublime: un corpo glorioso, tangibile, che attestava senza alcun dubbio la Sua identità risorta (Lc. 24,36-43). Per confermare che non era un’apparizione, ma la stessa persona che avevano conosciuto, Egli mangiò con loro, come a dire che la Sua resurrezione non era solo un atto spirituale, ma un evento corporeo, tangibile e reale.
Proprio come Giuseppe, che dichiarò con fermezza che fu Dio a condurlo in Egitto (Gen. 45,7-8), Yeshua spiegò ai Suoi discepoli che la Sua morte e resurrezione non erano frutto di circostanze accidentali, ma l'adempimento del piano divino già preannunciato nelle Scritture. Egli disse loro che tutto ciò che era accaduto era stato scritto su di Lui, come profetizzato dai profeti antichi (Lc. 24,44-47).
Yeshua aprì i loro cuori e le loro menti, affinché potessero comprendere appieno le Scritture. Egli mostrò loro che, come scritto nel Salmo 22, il Messia doveva soffrire per il peccato dell'umanità. Il Salmo 16,10 aveva preannunciato la Sua risurrezione, perché il Santo non poteva essere abbandonato alla corruzione. Inoltre, nel Suo Nome, si sarebbe predicato il perdono dei peccati a tutte le nazioni, adempiendo la promessa di un Messia che non solo liberava Israele, ma offriva la salvezza all'intera umanità (Lc. 24,47).
Conclusione
La Scrittura ci esorta ancora una volta a riporre la nostra fiducia in Dio, ricordandoci che i Suoi pensieri non sono i nostri pensieri, e le Sue vie sono al di sopra delle nostre (Is. 55,8-9). Yeshua, il Messia, dovette soffrire e morire affinché noi potessimo ricevere la vita eterna (Mt. 16,21). La Sua risurrezione fu la conferma della Sua divinità, e al contempo, la prova che Egli è la Primizia di coloro che risusciteranno, l'anticipo della nostra speranza (1 Cor. 15,20). Un giorno, Egli ritornerà nella Sua gloria per prendere con Sé coloro che Gli appartengono, e saremo con Lui per sempre (1 Tess. 4,16-17).
Non importa quale sia la prova che dobbiamo affrontare, nulla accade per caso. Ogni evento è sotto il controllo sovrano di Dio, che guida ogni passo per condurci al ravvedimento e portarci a un livello superiore di grazia, affinché possiamo riflettere più pienamente la Sua santità (Rom. 8,28-30). Tutto ciò che accade nella nostra vita è parte del Suo disegno perfetto, volto a formarci nell'immagine del Suo Figlio.
Guarda la parashah del moreh (31/12/2022)
Per approfondire questa parashah, si consiglia la lettura del Nuovissimo Commento alla Torah dedicato al Genesi.