Introduzione
Questa parashah, che prende il nome dal suocero di Mosè, Yitro, è definita il «cuore della Torah», poiché racconta del dono della Torah, ovvero delle Dieci Parole che YHWH diede a Israele sul monte Sinai.
Nel primo giorno del terzo mese, da quando furono usciti dal paese d'Egitto, i figli di Israele giunsero al deserto del Sinai. Partiti da Refidim giunsero al deserto del Sinai e si accamparono nel deserto; qui Israele si accampò di fronte al monte (Es. 19,1-2)
Parashah (Esodo 19,1-2.5-6)
Il significato del Sinai: il luogo dell'incontro
Nella sapienza antica, il Sinai non è semplicemente un monte, ma il punto prescelto per l’incontro sacro tra Cielo e Terra, tra l'Eterno e il popolo che Egli aveva redento. YHWH non si limitò soltanto a liberare Israele dalle catene dell’Egitto; piuttosto, Egli condusse il Suo popolo ben oltre quei confini terreni, fisici e spirituali, posti sotto il dominio delle potenze idolatriche di quella terra.
Solo quando Israele fu completamente fuori da quella sfera di influenza, YHWH li fece sostare nella terra di Madian, ai piedi del monte Sinai, luogo simbolico per eccellenza della divina manifestazione. Secondo l'antica comprensione sapienziale, infatti, i monti erano visti come dimore privilegiate della divinità, luoghi elevati che sfiorano il Cielo, richiamando l'eco delle ziggurat mesopotamiche.
Il Sinai si erge, dunque, come il luogo predestinato per questa mistica convergenza: quando YHWH scende avvolto nella nube divina, Mosè simultaneamente sale verso la presenza del Signore. Questo reciproco movimento, ascesa e discesa, rappresenta il cuore stesso della relazione spirituale: Dio si avvicina all’uomo, e l’uomo si avvicina al suo Creatore.
Così, il Sinai diventa molto più di una semplice montagna: è il simbolo eterno della grazia divina che incontra la risposta umana, dell'Alto che si china verso il basso, dell'Assoluto che si apre alla dimensione finita e fragile dell'uomo, mostrando che il rapporto con il divino non è solo "comandamento" ma incontro personale, relazione vivente, abbraccio che redime.
La necessità della Torah: da schiavi a nazione santa
L’uscita degli Israeliti dall’Egitto non significò automaticamente una piena fedeltà al Dio Vivente. La lunga permanenza in terra straniera aveva, infatti, profondamente segnato il loro spirito con i riti idolatrici e le pratiche pagane locali. Fu dunque necessario un percorso sapienziale di «educazione e istruzione», affinché Israele imparasse di nuovo a riconoscere, ascoltare e seguire la voce del Signore.
In questa prospettiva, YHWH, come Padre amorevole e maestro sapiente, si avvicina ai Suoi figli donando loro la Torah, cioè una guida di istruzioni sante, giuste e sapienti. Questo dono celeste aveva lo scopo di orientare il popolo lontano dal male e condurlo verso le benedizioni della presenza divina. L’obbedienza alla Torah avrebbe trasformato Israele in un «tesoro particolare», elevandolo fra tutte le nazioni come «regno di sacerdoti» e «nazione santa» (Es. 19,5-6), chiamati a custodire il Patto e illuminare le genti.
L’uscita fisica dall’Egitto, simbolo potente del peccato e della schiavitù spirituale, non bastava: occorreva un'uscita ancora più radicale, ovvero il distacco totale e definitivo dalla «giurisdizione spirituale» di quel luogo. La Torah ha precisamente questa funzione sapienziale: indicare all’uomo quei confini da non oltrepassare per non ricadere sotto il dominio oscuro delle tenebre, guidandolo nel cammino sicuro e luminoso della vita divina
Haftarah (Geremia 29,13)
Yeshua e il Nuovo Patto: Torah fatta carne
Anche noi oggi, in quanto «figli del Nuovo Patto», non siamo dispensati dal medesimo cammino spirituale percorso dagli antichi figli di Israele. Yeshua, nella Sua immensa grazia, ci è venuto incontro, liberandoci dal giogo del peccato. Tuttavia, la libertà che Egli ci dona richiede che rimaniamo fedeli al sentiero luminoso delle Sue istruzioni, evitando con sapienza quei confini che ci riporterebbero sotto il dominio delle tenebre.
La relazione con il Signore Yeshua non è passiva, bensì un incontro vivo, dinamico e reciproco: così come Lui si è avvicinato a noi, anche noi dobbiamo rispondere avvicinandoci a Lui con impegno attivo e sincero. È un cercare che nasce da un cuore totalmente coinvolto e dedicato:
Voi mi cercherete e mi troverete, perché mi cercherete con tutto il vostro cuore» (Ger. 29,13)
Questa promessa sapienziale ci insegna che il cammino spirituale autentico è fondato sulla reciprocità: Dio ci ha cercati per primo, ma attende sempre che noi rispondiamo al Suo amore con dedizione totale e fedele obbedienza.
Besorah (Matteo 22,37-40; Giovanni 1,1; 14,21; Romani 7,12-13; 8,1-4)
Le Dieci Parole (Aseret HaDibberot)
Benché siamo abituati a definire le Aseret HaDibberot come «Dieci Comandamenti», questa espressione non compare nei testi originali, che le chiamano invece le «Dieci Parole». Con grande acume spirituale, i saggi hanno insegnato che YHWH pronunciò queste Parole in un unico soffio divino, suggerendo così che esse costituiscono un’unica e inscindibile manifestazione del Suo volere eterno.
Le prime cinque Parole descrivono sapientemente la relazione verticale, il legame d’amore tra l’uomo e Dio; le ultime cinque indicano la dimensione orizzontale, l’amore verso il prossimo. In particolare, la prima e l’ultima Parola risultano profondamente interconnesse, come due estremi che racchiudono l’intera Torah, ricordandoci il grande comandamento che Yeshua stesso ha insegnato:
Ama YHWH Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente; ama il tuo prossimo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la legge e i profeti (Mt. 22,37-40)
Attraverso questa sapiente sintesi, Yeshua ci indica che l’essenza autentica della Torah non è legalismo, ma amore; un amore che unisce Cielo e Terra, Dio e uomo, cuore e comunità, in un unico abbraccio di divina saggezza.
Yeshua: la Parola incarnata
Considerando il termine ebraico davar («parola») piuttosto che la più comune interpretazione di «comandamento», si aprono prospettive spirituali sorprendenti:
Nel principio era la Parola, la Parola era presso Dio, la Parola era Dio (Giov. 1,1)
In Yeshua vediamo la Parola incarnata, la Torah stessa resa carne, la sapienza divina che assume forma umana per venire incontro alla fragilità dell’uomo. Come YHWH si abbassò sul Sinai per offrire a Israele il dono celeste della Torah, così Yeshua si è abbassato, annichilendo Sé stesso e rivestendosi della nostra umanità, per donarci la vittoria definitiva sulla legge del peccato mediante lo Spirito.
Le Tavole della Legge, incise un tempo dal dito di Dio su pietra, sono oggi scolpite, attraverso Yeshua, direttamente nei cuori dei credenti mediante l’azione viva e trasformante dello Spirito Santo. Durante il Suo ministero terreno, Yeshua osservò sempre la Torah, poiché essa rappresenta la Sua stessa natura divina: buona, santa e perfetta.
Il Nuovo Patto, dunque, non sostituisce né sminuisce la Torah, bensì ne porta a compimento la piena realizzazione spirituale (Rom. 8,1-4). In Yeshua, la Torah assume una dimensione ancora più profonda, rivelando il suo spirito che trascende la semplice lettera. Lo scopo sapienziale della Torah resta pienamente valido, perché essa illumina l'uomo sulla vera natura del peccato:
La Torah è santa e il comandamento è santo, giusto e buono [...] È per mezzo della Torah che conosciamo il peccato (Rom. 7,12-13)
Così, in Yeshua, la Parola divina diviene vivente e operante in noi, non più semplicemente un codice scritto, ma presenza personale che trasforma e rinnova dal profondo, rivelando il cuore stesso di Dio.
Torah fondata sull’amore
Chi ha i Miei comandamenti e li osserva, quello Mi ama; e chi Mi ama sarà amato dal Padre Mio, e Io lo amerò e Mi manifesterò a lui (Giov. 14,21)
La Torah non è un insieme di precetti freddi e distanti, ma un Patto d’amore che rivela il cuore stesso di Dio. L’obbedienza alle Sue istruzioni non nasce dalla paura né dal legalismo, ma sgorga da un cuore trasformato e innamorato del Creatore.
Yeshua ci insegna che l’amore per Dio si esprime in modo concreto e tangibile: osservando i Suoi comandamenti con dedizione e fedeltà. È attraverso questa obbedienza amorevole che si attua la vera manifestazione divina. La Torah, dunque, non è un peso gravoso, ma una via che illumina il cammino dei figli di Dio, un sentiero di vita in cui ogni comandamento non è altro che una parola d’amore, un invito a vivere in comunione profonda con l’Altissimo.
Chi ama Dio non osserva la Torah come un obbligo imposto, ma come una risposta spontanea e sincera all’amore che Egli ha riversato nel nostro cuore. In tal modo, ogni atto di obbedienza diventa un atto d’amore, un passo verso la pienezza della manifestazione di Yeshua in noi.
Conclusioni
La parola Torah, tradotta come «istruzione», ha le sue radici nel verbo ebraico yarà, che è a sua volta legata alla parola 'or per «luce». Questo dettaglio linguistico rivela una verità profonda: la Torah non è un codice legale freddo e sterile, ma una luce vivificante che illumina il cammino dei figli di Dio, evitando loro di inciampare nelle tenebre.
Yeshua, la Parola fatta carne, ha reso possibile l’osservanza della Torah in un modo nuovo e spirituale. Non più attraverso il rigido rispetto della lettera, ma mediante lo Spirito, che incide la legge divina non più su tavole di pietra, ma nei nostri cuori.
Sia reso grazie al Signore Yeshua, che ha compiuto il sacrificio perfetto affinché potessimo vivere la Torah come una luce interiore, un faro spirituale che ci guida verso la verità, l’amore e la comunione con Dio.
👣 Invito all'azione: riconnettiti al Patto d'Amore
Il Sinai non è solo un luogo remoto del passato; è il simbolo di un incontro eterno tra Dio e il Suo popolo, un Patto che risuona ancora oggi attraverso le Dieci Parole. Yeshua, la Parola fatta carne, ci ha mostrato che la Torah non è un peso da sopportare, ma una luce da seguire.
Oggi, il Signore ti invita a rinnovare il tuo cammino spirituale, a riscoprire la profondità delle Sue istruzioni come un atto d’amore reciproco. Non limitarti a uscire dall’Egitto; esci anche dai confini del peccato e dalla giurisdizione delle tenebre. Lascia che le Parole di Dio si imprimano non più su tavole di pietra, ma sul tuo cuore, attraverso lo Spirito Santo.
Cammina nella Sua luce. Ascolta la Sua voce. Ama con ogni fibra del tuo essere.
Così facendo, sperimenterai la presenza viva di Yeshua, che si manifesterà a te con la potenza e la dolcezza del Suo amore eterno.
Ascolta la parashah di Daniele Salamone (11/02/2023)