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La Sindone di Torino: cronaca di un falso

9 luglio 2025 di
La Sindone di Torino: cronaca di un falso
Yeshivat HaDerek, Daniele Salamone
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Introduzione

La Sindone di Torino è un telo di lino di 4,4 × 1,1 metri che porta impressa l’immagine di un uomo barbuto con il corpo martoriato da ferite da crocifissione. Secondo la tradizione cristiana, questo lenzuolo sarebbe stato il sudario funerario autentico che avvolse Yeshua dopo la crocifissione, e le macchie rossastre visibili corrisponderebbero alle Sue ferite. In realtà, tutti gli studi storici e scientifici seri concordano che la Sindone non è affatto un reperto del I secolo d.C., ma molto probabilmente un manufatto medievale prodotto nel XIV secolo. Di seguito analizzeremo in dettaglio gli aspetti storici e tecnici di questa presunta reliquia e le evidenze che ne smascherano la falsità.


Origine storica e prime attestazioni documentate

La storia documentata della Sindone inizia bruscamente nel Trecento europeo, senza alcuna traccia nei secoli precedenti. Il primo avvistamento noto risale a Lirey (Francia) verso il 1353-1357, dove il cavaliere Geoffroy de Charny la esibì pubblicamente come reliquia. Questo fatto colpì subito alcuni ecclesiastici: il vescovo locale, Enrico di Poitiers, sollevò perplessità sull’autenticità del telo. Nel 1389 il suo successore, Pierre d’Arcis, inviò addirittura a papa Clemente VII una lettera denuncia in cui affermava che «il suo predecessore aveva trovato l’artista che l’aveva astutamente dipinta». Clemente quindi autorizzò che la Sindone continuasse ad essere esposta, purché fosse presentata come «una rappresentazione», non il vero sudario del Messia. Anche dopo questo episodio, la Sindone fu generalmente considerata con sospetto fino a che non entrò nella dinastia dei Savoia: nel XV secolo passò per via ereditaria nelle mani dei conti di Torino e di Chambéry, che ne promossero la venerazione quale reliquia, fino a ottenere l’avallo papale di Giulio II nel 1506.

In sintesi, il percorso storico evidenzia che la Sindone comparve improvvisamente nel XIV secolo e fu da subito oggetto di controversie, senza alcun retaggio diretto attestato nei primi secoli cristiani.

  • 1353-1357 (Lirey, Francia). Primo documento certo sull’esistenza del lenzuolo, conservato dalla famiglia de Charny.
  • 1389 (Troyes, Francia). Lettera del vescovo Pierre d’Arcis che denuncia la Sindone come un dipinto falso e segnala un artista confessato.
  • 1506 (Roma). Papa Giulio II autorizza ufficialmente la venerazione della sindone come reliquia, benché la genesi resterà controversa.
  • 1532 (Chambéry). Un incendio danneggia gravemente la sindone; i danni e le toppe applicate saranno visibili ancora oggi.
  • 1578 (Torino). Il lenzuolo è trasferito ufficialmente al Duomo di Torino, dove rimane custodito.
  • 1898 (Torino). Il fotografo Secondo Pia immortala per la prima volta la sindone; il suo negativo mostra nitidamente un volto maschile impresso sul telo, all’epoca invisibile a occhio nudo.
  • 1978 (Torino). Il gruppo scientifico STURP (Shroud of Turin Research Project) effettua la prima analisi chimica e fisica approfondita sulla sindone.
  • 1988 (Oxford, Tucson, Zurigo). Tre laboratori internazionali realizzano prelievi al radiocarbonio; i risultati vengono pubblicati e datano il tessuto al periodo 1260-1390 d.C. 

Argomentazioni storiche contro l’autenticità

Dal punto di vista storico le riserve sull’autenticità della sindone sono molteplici. Innanzitutto, la cronologia lancia forti dubbi: se fosse il vero sudario di Yeshua, perché nessuno ne parla nei primi tredici secoli del cristianesimo? I Vangeli — che descrivono i funerali di Yeshua — parlano genericamente di «un lenzuolo pulito di lino» e «piegato in un luogo a parte» (Mt. 27,59-60; 28,6; Mc. 15,46; Lc. 23,53; 24,12; Giov. 20,5-7) ma non riferiscono alcuna impronta visiva o miracolosa dopo la risurrezione. Non esistono, inoltre, reperti archeologici o documenti antichi che attestino l'esistenza di teli con l'immagine del deunto impressa sopra, specie a distanza di tre giorni dalla morte. Questo silenzio storico è così imbarazzante che studiosi laici e religiosi ritengono l’ipotesi di una reliquia autentica del I secolo del tutto implausibile.

Inoltre, negli stessi anni Ottocento e Novecento nacquero leggende affini (come il Mandylion di Edessa o la Veronica romana), che consistevano in piccole immagini miracolose del volto di Yeshua. Spesso queste sacre “impronte” medievali venivano elevate a importanza simile alla sindone, ma erano interpretate come icone dipinte od opere devozionali. Gli specialisti ricordano per esempio il cosiddetto Codice Pray (Ungheria, 1192-1195), che raffigura una lastra tombale con simboli simili ai fori da bruciatura della sindone (le quattro L): alcuni ci hanno voluto leggere un cenno alla sindone, ma gli esperti sottolineano che qui non c’è alcuna immagine del volto di Yeshua e la figura potrebbe anzi rappresentare una semplice pietra tombale.

In definitiva, i riferimenti storici concreti a favore dell’autenticità sono assenti, mentre le prime testimonianze la collocano chiaramente nel contesto medievale.


Esami scientifici sulla Sindone

Datazione al radiocarbonio (C-14)

L’analisi più cruciale è stata la datazione con il radiocarbonio realizzata nel 1988: tre laboratori indipendenti (Oxford, Arizona, Zurigo) hanno misurato le quantità di isotopo ^14C presenti nel lino prelevato dalla sindone. Il risultato fu annunciato nel 1988 dal delegato vescovile e pubblicato nel 1989 sulla rivista Nature. Con 95% di confidenza, le misure collocano la tessitura nel periodo 1260-1390 d.C., cioè nel pieno Medioevo. Questo valore è in perfetto accordo con la prima comparsa storica della sindone nel XIV secolo. In particolare, come sottolinea il commento di un’articolo di Wired,

i tre laboratori datarono indipendentemente il tessuto tra il 1260 e il 1390, in pieno accordo con la sua prima apparizione documentata nel 1354.

Dal punto di vista metodologico, gli esperimenti furono condotti seguendo rigorosamente i protocolli dell’epoca: il campione (circa 7×1 cm) fu prelevato da un angolo della sindone in presenza di osservatori e inviato come blind test ai laboratori, che usarono la tecnica dell’Accelerator Mass Spectrometry (AMS). Il risultato unanime dei tre centri fu quindi una data medievale del tessuto. In seguito sono state studiate le possibili fonti di errore: per esempio, alcuni hanno avanzato l’idea che i dati possano essere falsati da contaminazioni (residui dell’incendio del 1532 o di microorganismi sul lino). Tali ipotesi sono state però fortemente controbattute. Già nel 1989 un membro del team, E.T. Hall di Oxford, calcolò che per far risultare medievale un oggetto antico bisognerebbe che il 40-79% del carbonio analizzato fosse “nuovo”, proveniente da contaminazioni — un livello praticamente impossibile. In più, esperimenti successivi (Jull, Hedges, Long) dimostrarono che anche riscaldare tessuti di lino simili alle condizioni del rogo del 1532 non altera il C-14. Altre ricerche infine evidenziarono che microbi eventualmente presenti non appesantirono in modo misurabile il segnale radiocarbonio.

Detto questo, alcuni autori contestano ancora la solidità statistica di quella datazione. Ricerche più recenti hanno riesaminato i dati originali evidenziando una certa eterogeneità tra i risultati dei diversi laboratori e ipotetiche anomalie nelle procedure. Tali analisi statistiche critiche (Riani et al., Di Lazzaro, Walsh & Schwalbe) hanno suggerito che il campione preso potrebbe non essere stato perfettamente omogeneo, ponendo interrogativi sulla precisione del 95% di confidenza dichiarato. In ogni caso, la comunità scientifica più ampia considera ancora il risultato del 1988 come prova determinante: la sindone è un tessuto medievale, non antico, e questa conclusione è supportata sia dai dati C-14 che dalla storia documentata. Nuove misurazioni ufficiali non sono state fatte dal 1988, anche se gruppi indipendenti (per esempio, un team italiano del CNR nel 2022) hanno proposto metodi alternativi. Uno studio recente ha usato tecniche avanzate a raggi X (WAXS) e ha calcolato una possibile età di ~2000 anni, ma occorre sottolineare che questo risultato si basa su forti ipotesi di conservazione climatica (temperatura e umidità) del tessuto per secoli.

In sintesi, mentre i sostenitori dell’autenticità citano occasionali nuovi studi, la maggioranza degli esperti rimane scettica sui risultati non convenzionali, soprattutto se sono in palese contrasto con la solida datazione al C-14.


Analisi dei materiali e dell’immagine

Gli esami chimico-fisici condotti sulla sindone hanno indagato i pigmenti, il sangue e la natura dell’immagine. Il comitato STURP del 1978, pur pro-clericale, concluse nella sua relazione finale (1981) che non si riscontravano vernici, pigmenti o leganti organici convenzionali nell’immagine. Secondo loro, l’immagine non poteva essere il risultato di una normale pittura applicata col pennello. Tuttavia, il famoso microscopista Walter McCrone contestò apertamente questi esiti: esaminando al microscopio le fibre della sindone provenienti dallo stesso campione STURP, McCrone individuò tracce di ocra rossa, cinabro (HgS) e di un colorante vegetale rosso (alizarina), insieme a un legante (probabilmente gelatina o albume). In altre parole, per McCrone non c’erano dubbi: i granellini colorati trovati sono esattamente quelli tipici di una pittura a tempera medievale applicata sul lino. Lo studioso concluse dunque che le aree rosso-scure non contenevano sangue umano ma pigmento minerale e vegetale. Questa evidente contraddizione con i risultati STURP è ancora dibattuta; tuttavia conferma che esistono composti coloranti sulla sindone che ben si prestano a spiegare l’immagine senza ricorrere a eventi miracolosi.

Relativamente alle macchie rosse, gli studi forensi moderni evidenziano anomalie palesi. In particolare, l’analisi dei modelli di flusso sanguigno (BPA: bloodstain pattern analysis) condotta da Borrini e Garlaschelli (2018) ha dimostrato che i rivoli di sangue sulla sindone sono incoerenti tra loro e con la posizione di un cadavere. Usando volontari e manichini, questi ricercatori hanno replicato sperimentalmente la ferita del costato e le colature di sangue su mani e braccia. Hanno trovato che alcune diramazioni sulla mano posteriore corrispondono solo a braccia sollevate (~45°), condizione incompatibile con un cadavere steso; allo stesso modo, la «macchia a cintura» nella schiena — che i fedeli interpretano come sangue post-mortem — non si è potuta ricreare in alcun test realizzabile. Gli stessi autori affermano senza mezzi termini:

le incongruenze identificate dagli autori sembrano non solo contrapporsi alla loro realtà [dei rivoli], ma all’autenticità stessa della Sindone, suggerendo che il lino di Torino fosse una rappresentazione artistica o “didattica” del XIV secolo [Science Alert]

In altre parole, dal punto di vista della dinamica dei fluidi, la disposizione del “sangue” sul tessuto pare del tutto non realistica per un corpo umano vero.

Altri elementi poi indeboliscono l’idea di un reperto genuino. Il colore ancora vivo delle macchie è sospetto: l’emoglobina umana in breve tempo diventa brunastra, mentre sulla sindone il rosso è rimasto acceso. Di contro, esami immunologici recenti hanno trovato tracce di antigene di gruppo sanguigno (AB) sulle macchie, ma tali test sono così sensibili da non escludere contaminazioni multiple (come l'ausilio di sangue umano vero insieme al colore pittorico). Le analisi spettroscopiche non hanno mai rivelato tracce di vernice oro/argento, né fibre estranee: il lenzuolo è puro lino, ma con la macchia in più che ogni tessuto antico avrebbe (unta di sego, sudiciume, muffe). L’ipotesi più razionale è quindi che l’immagine si sia formata con pigmenti e tecniche umane note, piuttosto che per un fenomeno paranormale-miracoloso. Anzi, dati i pigmenti identificati e la composizione del sangue dubbia, la spiegazione più semplice è che un artista medievale abbia volutamente dipinto o arricchito le tracce di sangue per costruire una “reliquia” verosimile.


Una prova schiacciante: il sangue nei piedi

Uno degli elementi più trascurati, ma altamente rivelatori dell’inautenticità della sindone, è la posizione del sangue che si osserva in corrispondenza dei piedi. Sul telo, infatti, l’impronta ematica appare sul dorso del piede, come se un unico chiodo fosse stato conficcato verticalmente dall’alto verso il basso, attraversando entrambi i piedi sovrapposti.

Questa rappresentazione è perfettamente coerente con l’iconografia cristiana tradizionale sviluppatasi nel Medioevo (frutto di ignoranza storica), ma è in netto contrasto con le evidenze archeologiche e forensi sulla crocifissione romana. Il caso più emblematico è quello del ritrovamento del corpo di Yochanan ben Hagkol, un crocifisso del I secolo scoperto in una tomba ebraica a Givat ha-Mivtar, nei pressi di Gerusalemme. In quel caso, il chiodo attraversava lateralmente il tallone, fissando ciascun piede ai lati del palo verticale, non frontalmente. Questa tecnica era non solo più stabile, ma anche coerente con la struttura delle croci usate dai Romani, che variavano ma avevano criteri funzionali precisi.

Posizione realistica dei chiodi conficcat inei piedi dei crocifissi del I secolo d.C.

Inoltre, è fisiologicamente improbabile che un chiodo passante verticalmente dal dorso al tallone non danneggiasse i metatarsi al punto da frantumare le ossa, cosa che nei racconti evangelici non risulta (Giov. 19,36: «Non gli sarà spezzato alcun osso»). Al contrario, un inserimento laterale attraverso lo spazio tra calcagno e malleolo è compatibile con il mantenimento dell’integrità ossea e con le tecniche romane documentate.

Il fatto che la sindone presenti invece una configurazione anatomicamente e storicamente errata, coerente con l’immaginario devozionale medievale ma non con la realtà del I secolo, costituisce un’ulteriore prova che si tratta di un manufatto artistico posteriore da parte di un artista ignorante in storia, e non di un reperto autentico risalente alla sepoltura di Yeshua. Un falsario del XIV secolo, ignaro dei reali metodi di crocifissione, avrebbe riprodotto ciò che la teologia e l’arte del suo tempo suggerivano, non ciò che la storia e l’archeologia oggi confermano. Un falso che è passato alla storia per "vero" grazie all'ignoranza.


Analisi delle prove pro e contro

Nell’interesse di un esame imparziale, elenchiamo brevemente i principali argomenti pro e contro l’autenticità.

✔️ Argomento pro autenticità
Gli estimatori notano che la sindone raffigura con notevole dettaglio i segni di una tortura reale: ferite da flagellazione sulla schiena e sul petto, il foro del costato da lance, i segni di spine sul capo, i chiodi nei polsi e piedi, ecc. Dal punto di vista forense alcuni di questi particolari sono coerenti con la crocifissione descritta nei Vangeli (i segni di flagelli sia sul davanti che sul retro del corpo sono un dettaglio realistico). Inoltre, si sottolinea che l’immagine, scoperta solo con la fotografia, possiede proprietà fotografiche insolite (è un negativo reale, come notò Pia nel 1898) e contiene informazioni tridimensionali che certi programmi informatici riescono ad estrarre. Alcuni ricercatori hanno anche individuato pòllini di specie mediorientali sulle fibre, suggerendo contatti con la terra di Israele. Dal punto di vista storico-religioso, infine, la tradizione ecclesiastica ha sempre onorato la sindone come «immagine del Cristo», dando credito all’idea che fosse una reliquia autentica e massima testimonianza visiva della Passione.
❌ Argomento anti autenticità
Come abbiamo visto, la datazione C-14 medievale rappresenta l’argomento scientifico più decisivo. Anche i rilievi storici (assenza nei documenti antichi, primo riscontro nel 1350) parlano chiaramente a favore di un’origine quattrocentesca. Le analisi del sangue mettono in dubbio la genuinità delle macchie; la scoperta di pigmenti come l’ocra e il cinabro suggerisce un ritocco pittorico; la figura stessa presenta incongruenze anatomiche che non si riscontrano in un vero cadavere (la posizione simmetricamente perfetta del corpo con le braccia incrociate sulla zona pubica è stata considerata non realistica, come anche la posizione del chiodo nei piedi). Nel complesso, gli studiosi scettici osservano che tutte le prove concrete — storiche e scientifiche — coincidono nell’inserire la sindone nell’Europa medievale e in un contesto artistico-devozionale, non nel I secolo di Israele.

Conclusioni

Alla luce delle evidenze attuali, l’ipotesi che la sindone di Torino sia l'autentico sudario di Yeshua è sì affascinante ma priva di fondamento. Le analisi modernissime indicano un’origine medievale coerente con i documenti storici, e nessun esperimento scientifico ha mai confermato un segno inequivocabile di autenticità. Al contrario, molte ragioni lasciano intendere una realizzazione umana: l’assenza di deformazioni coerenti con un vero corpo, la presenza di pigmenti di vernice, l’incoerenza dei rivoli di “sangue” analizzati come pattern fraudolenti.

Pur con il massimo rispetto per la sensibilità religiosa (e da credente so di cosa parlo), è lecito concludere in modo rigoroso che la sindone sia una falsificazione storica: un’opera prodotta in epoca medievale probabilmente da un abile (e storicamente ignorante) artigiano-devozionale, e non un’impronta sovrannaturale del Messia. In termini accademici, non c’è alcuna prova scientifica che confermi che il telo abbia mai avvolto Yeshua di Nazareth. Pertanto, si può affermare con convinzione informata che la sindone non è autentica. Qualsiasi venerazione di essa come reliquia vera esula dalle evidenze storiche e spettacolari; essa rimane semmai un documento culturale e artistico medievale, non un miracolo.


Fonti
  1. "Nature" (1989). Radiocarbon Dating of the Shroud of Turin, Damon et al. Articolo scientifico fondamentale che pubblicò i risultati della datazione al carbonio-14 della sindone (datazione 1260-1390 d.C.). 
  2. McCrone, Walter C. (1980–1982). Judgment Day for the Shroud of Turin. Il celebre microscopista che identificò pigmenti (ocra rossa, cinabro) e concluse che la Sindone è un dipinto a tempera medievale.
  3. Pierre d’Arcis, Vescovo di Troyes (1389). Lettera a Papa Clemente VII. Documento ufficiale in cui il vescovo denuncia la Sindone come una falsificazione artistica.
  4. E.T. Hall, R.E.M. Hedges, J. van der Plicht (1989). Commenti sul metodo di datazione al C-14. Calcoli sui livelli di contaminazione necessari per falsare i risultati (ritenuti impossibili).
  5. Meacham, W. (1983). The Authentication of the Turin Shroud: An Issue in Archaeological Epistemology. (Current Anthropology). Uno studio critico che confronta metodologie archeologiche con la venerazione della Sindone.
  6. Garlaschelli, Luigi & Borrini, Matteo (2018). A BPA analysis of the Turin Shroud “bloodstains” (Journal of Forensic Sciences). Studio forense che dimostra l’incoerenza dei rivoli di sangue con un corpo umano reale.
  7. Jull, A.J.T., et al. (2010). Radiocarbon Dating and the Shroud of Turin – A Critical Reassessment (Radiocarbon). Conclusione che l’incendio del 1532 non ha influenzato in modo significativo il contenuto isotopico del lino.
  8. Codex Pray (1192-1195), Biblioteca Nazionale Széchényi (Budapest). Miniatura medievale utilizzata talvolta dai sostenitori dell’autenticità; in realtà mostra solo analogie deboli e speculative.
  9. Riani, M., Atkinson, A.C. et al. (2013). Regression Analysis with Partially Contaminated Data, Statistica Sinica. Analisi statistica che evidenzia anomalie nella distribuzione dei dati della datazione al C-14.
  10. Rogers, Raymond N. (2005). Studies on the radiocarbon sample from the Shroud of Turin, Thermochimica Acta. Studio controverso che ipotizza che il campione analizzato al C-14 non fosse rappresentativo del telo intero.
  11. Barbet, Pierre (1950). La passione di Nostro Signore Gesù Cristo secondo il chirurgo. Studio medico molto citato dai pro-Sindone, ma considerato datato e non fondato su evidenze forensi.
  12. Yochanan ben Hagkol (I secolo d.C.) – ritrovamento a Givat ha-Mivtar (1968). Unico reperto archeologico noto di un crocifisso giudaico, con chiodo nel calcagno, non nel collo del piede. 
  13. Heller, John H., e Alan D. Adler (1981). A Chemical Investigation of the Shroud of Turin, Canadian Society of Forensic Science Journal. Analisi chimica che sosteneva l’assenza di pigmenti, ma le conclusioni sono state contestate da McCrone.
  14. Danin, Avinoam (1998–2005). Botanical Evidence for the Shroud’s Origins. Ricerca sui pollini trovati sulla Sindone; spesso citata dai sostenitori dell’autenticità, ma ampiamente contestata.

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