Introduzione
Nella Bibbia, la morte improvvisa di Uzza per aver toccato l'arca dell'alleanza suscita non poche perplessità sia tra i credenti che i non credenti. In questa sede si propone di affrontare il testo di 1 Cronache 13,1-14 attraverso una duplice lente: quella dell'esegesi e quella dell'ermeneutica, per delineare un quadro che consenta di avvicinarsi correttamente alla comprensione di un Dio che non può essere ridotto alle logiche umane, ma che resta coerente nella Sua santità.
Esegesi: contesto storico-letterario
Il brano in esame si inserisce in un momento critico della storia d'Israele: Davide, da poco insediato come re di tutto Israele, decide di trasferire l'arca dell'alleanza a Gerusalemme per consolidare l'unità religiosa e politica della nazione. Il contesto è dunque caratterizzato da una tensione tra sacralità e potere, tra ritualità stabilita e innovazione politica. Il brano può essere suddiviso nelle seguenti sezioni:
- Versetti 1-4: Davide consulta l'assemblea e decide di radunare Israele per trasferire l'arca.
- 5-8: l'arca viene trasportata su un carro trainato dai buoi, un dettaglio cruciale per comprendere il seguito della vicenda.
- 9-10: quando i buoi inciampano a Chidon, Uzza (probabilmente un Giudaita) stende la mano per sostenere l'arca e viene colpito a morte da Dio.
- 11-14: Davide, sconvolto, decide di depositare l'arca nella casa di Obed-Edom, dove rimane per tre mesi, durante i quali la casa di Obed-Edom è benedetta.
🗝️ Parole chiave
Arca: simbolo della presenza divina, contenente le Tavole della Torah, una porzione di manna e il bastone di Aaronne. La santità di questo scrigno è inviolabile. L'arca è la presenza tangibile di Dio: l'arca è YHWH stesso.
Ira di YHWH: indica l'intensa manifestazione della giustizia divina contro un grave atto di profanazione.
Chiedere, consultare: Davide consulta l'assemblea, ma non consulta YHWH, un dettaglio che evidenzia la sottile differenza tra consenso umano e approvazione divina.
Analisi del comportamento di Uzza
Uzza compie un gesto apparentemente comprensibile e umano: cerca di impedire che l'arca cada. Tuttavia, il suo errore non dipende da un semplice atto impulsivo, ma da una violazione della Torah stabilita in Num. 4,15, dove viene specificato che nessuno, se non i Leviti incaricati, poteva toccare l'arca senza incorrere nella morte.
Dopo che Aaronne e i suoi figli avranno finito di coprire le cose sacre e tutti gli arredi del santuario, quando il campo si moverà, i figli di Cheat verranno per portare quelle cose; ma non toccheranno le cose sante, per non rischiare di morire. Queste sono le incombenze dei figli di Cheat nella tenda di convegno.
L'errore di Uzza si articola in due livelli:
- Errore di metodo: Dio ha forse autorizzato il trasporto della Sua arca tramite bestie da soma? Questa era una consuetidine presso i popoli pagani del Vicino Oriente antico, ma non in Israele. L'arca doveva essere trasportata sui supporti portati a spalla dai Leviti, non su un carro trainato da buoi (Es. 25,14-15). Dio vuole essere trasportato da persone, che rappresentano la Sua immagine.
Farai passare le stanghe negli anelli ai lati dell'arca, perché servono a portarla. Le stanghe rimarranno negli anelli dell'arca e non ne saranno sfilate
- Errore di percezione: Uzza presume di poter "proteggere" Dio, forse consapevole di trasgredire un comandamento? Il concetto stesso di protezione implica un’inversione dei ruoli: è Dio che protegge l'uomo, non il contrario.
Stele del dio Adad su un toro. Regno di Teglat-PIleser III, 744-727 a.C. (immagine rielaborata in AI)
Ermeneutica
La sacralità inviolabile di Dio
Per un lettore razionale, l'episodio di Uzza appare come un atto di severità sproporzionata. Tuttavia, dal punto di vista biblico, il tema centrale è l'assoluta santità di Dio. L'arca non è un oggetto comune, ma il segno tangibile della presenza divina. Essa rappresenta la santità di Dio, e la santità non può essere toccata senza conseguenze, neanche nelle migliori delle intenzioni se non si rispettano determinati protocolli.
L'errore di Uzza non è solo un errore procedurale, ma un fallimento nel riconoscere la distanza ontologica tra il Creatore e la creatura. La morte di Uzza serve a ricordare che Dio non può essere trattato come un comune oggetto di culto, o come un idolo pagano, ma deve essere riverito in tutta la Sua trascendenza.
Il problema non ruota solo attorno a Uzza che ha toccato l'arca senza esserne autorizzato, ma a peggiorare le cose è il fatto che l'arca è stata trasportata da bestie, in violazione dei comandamenti.
La giustizia divina e il paradosso della buona fede
Per chi si avvicina alla fede, la domanda inevitabile è: perché Dio punisce un uomo che ha agito in buona fede?
In un contesto scientifico, possiamo paragonare la santità di Dio a una forza naturale potente e inarrestabile, come il fuoco o l'elettricità. Nessuno metterebbe in discussione il pericolo di toccare un cavo elettrico ad alta tensione, anche se lo si fa per un nobile intento. La santità divina, nella concezione biblica, opera secondo leggi che non possono essere trascurate senza gravi conseguenze. La "nobile intenzione" non annulla il pericolo.
Il nostro concetto umano di giustizia è antropocentrico, ma la giustizia presentata dalla Bibbia è teocentrica. Dio stabilisce i parametri di ciò che è giusto e ingiusto in funzione della Sua natura, non delle nostre interpretazioni morali.
La lezione per il lettore contemporaneo
L'episodio di Uzza insegna che la buona fede non è priva di significato quando si tratta del contatto con le cose sacre. Il problema non era solo l'azione di Uzza, ma anche l'irriverenza di far trasporatre l'arca del patto da bestie. La santità di Dio richiede obbedienza rigorosa, non solo buone intenzioni. Questo messaggio può essere veicolato in termini che richiamano il rispetto delle leggi fisiche:
- La santità di Dio è come la forza di gravità: non importa quanto buone siano le nostre intenzioni, ma ignorare la gravità avrà sempre conseguenze fatali.
- La presenza di Dio non può essere contenuta o gestita: l'uomo non può pretendere di proteggere Dio o di "gestire" la Sua presenza; piuttosto, deve imparare a rispettare le istruzioni divine per non subire le conseguenze di un approccio presuntuoso. Infatti, cosa è accaduto a Nadab e Abihu, subito dopo la loro consacrazione a sacerdoti, per aver offerto del fuoco estraneo?
Nadab e Abihu, figli d'Aaronne, presero ciascuno il suo turibolo, vi misero dentro del fuoco, vi posero sopra dell'incenso, e offrirono davanti a YHWH del fuoco estraneo, diverso da ciò che Egli aveva loro ordinato. Allora un fuoco uscì dalla presenza di YHWH e li divorò; così morirono davanti a YHWH (Lev. 10,1-2)
Nadab e Abihu morirono davanti a YHWH quando gli offrirono fuoco estraneo, nel deserto del Sinai [...] (Num. 3,4a)
Or Nadab e Abihu morirono quando presentarono a YHWH fuoco estraneo (Num. 26,61)
La «presenza di YHWH» è l'arca dell'alleanza stessa!
Conclusione
Il caso di Uzza rappresenta un potente ammonimento per l'uomo contemporaneo: la santità di Dio non può essere trattata con superficialità o familiarità eccessiva. Per chi si avvicina alla fede, l'episodio diventa un monito contro la presunzione di poter "razionalizzare" il divino. La lezione non riguarda tanto la punizione di Uzza quanto il richiamo a riconoscere la santità di Dio come una realtà oggettiva e non negoziabile, che richiede non solo buone intenzioni, ma anche obbedienza assoluta alle leggi divine.