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Dall'occhio del ciclone afferra la mano del Signore

La vita presenta tempeste che scuotono e mettono alla prova. Non sempre la calma apparente significa liberazione: può essere un’illusione che precede nuove difficoltà. La vera forza si trova nella fede, che permette di affrontare il caos senza restarne intrappolati. Dio non promette assenza di prove, ma la Sua presenza costante e la potenza della Sua Parola che porta pace e trasformazione. Uniti nella fratellanza, si cresce insieme fino a raggiungere maturità e vittoria in Lui.
19 agosto 2025 di
Dall'occhio del ciclone afferra la mano del Signore
Marco Manitta
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Introduzione

Spesso diciamo: «Mi trovo nell’occhio del ciclone» per descrivere il nostro stato d’animo in una situazione critica, quando tutto sembra crollarci addosso e non vediamo vie d’uscita. Nella Scrittura, le tempeste sono spesso il simbolo delle sfide, delle difficoltà e delle crisi che attraversiamo, ma allo stesso tempo rappresentano anche l’onnipotenza di Dio e la Sua capacità unica di intervenire e portare la calma dove regna il caos.

Con questo articolo desidero offrire al lettore, attraverso l’analogia dei cicloni tropicali e degli uragani, alcune riflessioni basate sulla Parola, affinché impariamo ad affrontare le tempeste della vita con la giusta attitudine, senza restarne intrappolati né diventarne vittime, ma uscendo da esse più forti e saldi nella fede.


Il ciclone tropicale e i suoi effetti devanstanti

I cicloni tropicali, o uragani, rappresentano le tempeste più potenti che si conoscano sulla terra. Nelle regioni tropicali essi portano morte e distruzione, lasciando dietro di sé scenari devastati. Possono raggiungere dimensioni impressionanti, con un diametro fino a 1000 km — l’equivalente della distanza che separa Milano da Reggio Calabria — e possiedono una caratteristica unica: l’“occhio” al centro del sistema, che può variare dai 5 ai 50 km di larghezza.

Contrariamente a quanto spesso si immagina, nell’occhio del ciclone non si trova il cuore più violento della tempesta, bensì una zona di apparente quiete, talvolta così serena da lasciar intravedere persino il sole e il cielo azzurro. È tutt’intorno all’occhio che la furia dell’uragano si scatena con la massima intensità: un muro di nubi e pioggia invalicabili che si innalzano fino a 20 km d’altezza, ben oltre le rotte degli aerei di linea. Qui i venti raggiungono velocità estreme, fino a 350 km/h, e gli effetti distruttivi toccano il loro apice.

Il passaggio di un uragano porta sempre con sé devastazione. L’occhio offre soltanto una tregua temporanea, un’illusione di fine, ma quando esso è transitato, ritorna la furia dei venti e delle piogge torrenziali, infliggendo il colpo finale: ciò che ancora resisteva in piedi viene spesso spazzato via definitivamente: tabula rasa!

Uragano Dorian



Affrontare i momenti tempestosi con la giusta attetudine e attraverso la fede

Ora, che cosa ci offre la Scrittura nei momenti tempestosi della vita e come possiamo affrontarli e superarli?

La Parola di Dio non ha mai promesso che, una volta nati di nuovo, saremmo stati esenti da difficoltà o prove. Restando nell’analogia, non ci è stato detto che non avremmo incontrato uragani. Anzi, la fede stessa ci conduce spesso a nuove sfide (Giov. 16,33). La differenza sostanziale rispetto a chi non crede è che noi non affrontiamo più le tempeste da soli (Sal. 34,17-19; Is. 41,10).

Dio ci ha fornito gli strumenti necessari per affrontarle con la giusta attitudine, mettendo piena fiducia in Lui e trovando sostegno nei fratelli e nelle sorelle che formano il Suo Corpo. Egli stesso ci soccorre, poiché è il Sovrano su ogni cosa visibile e invisibile, animata e inanimata, perfino sugli elementi della natura (Sal. 107,25.29; 135,7; Ger. 10,13; Gi. 1,4). Basta una sola Parola della Sua bocca e la tempesta si placa (come può anche scatenarsi!).

Lo vediamo nei Vangeli Sinottici, quando Yeshua comanda al vento e al mare, e subito torna la calma (Mt. 8,26-27; Mc. 4,35-41). Ma se Egli sceglie di non fermare la tempesta, bensì di lasciarci attraversarla, ci dà comunque la forza per affrontare quel muro di acqua e vento che ai nostri occhi appare insormontabile. Possiamo dire insieme all’apostolo Paolo:

Io posso ogni cosa in Colui che mi fortifica (Flp. 4,13)
Dove hai fondato la tua casa? Sulla sabbia o sulla Roccia?
Un’ulteriore prova che i figli di Dio non sono esentati dalle tempeste si trova nell’insegnamento di Yeshua nel Sermone della Montagna, quando Egli paragona due case costruite su fondamenta diverse. In Mt. 7,24-27 leggiamo che chi edifica la propria vita sulla sabbia dei venti di dottrina, delle eresie di perdizione e dei vangeli a buon mercato, al primo sopraggiungere della tempesta vede la sua casa crollare rovinosamente. Al contrario, chi costruisce sulla Roccia solida della Parola di Dio rimane saldo: quando la tempesta arriva, la sua casa resiste e rimane ben ancorata.
Il primo caso rappresenta l’uomo stolto, il secondo l’uomo saggio e prudente. Non sono i figli di Dio a dover temere le tempeste, perché per chi ha la sua vita fondata sulla Roccia esse non sono motivo di rovina. Al contrario, sono gli stolti — coloro che confidano in sé stessi e rifiutano il vero fondamento — a doversi spaventare, poiché davanti alla tempesta la loro fragilità viene inevitabilmente smascherata.

Occhio a rimanere intrappolati nell’occhio del ciclone

Qual è l’errore che possiamo commettere nell’affrontare un “uragano”? È quello di confondere la calma apparente dell’occhio del ciclone con il vero sollievo che viene dal Signore. Le prove della fede, infatti, hanno sempre uno scopo educativo (Giac. 1,2-4) e il loro telos, cioè il fine ultimo, è trasformarci interiormente e fortificarci nella fede (Rom. 5,3-5). Se, in una situazione difficile, arriva una tregua ma in noi non avviene alcuna trasformazione reale, né riconosciamo l’opera del Signore che ci sta plasmando, significa che non abbiamo ancora superato la tempesta: siamo ancora dentro di essa, in balia delle onde.

Questo è uno dei tranelli più insidiosi, sia del nemico che della nostra stessa fragilità. Quando ci troviamo immersi in situazioni critiche, spesso subentrano effetti devastanti che ci fanno sentire intrappolati, impotenti e incapaci di reagire davanti al muro di nubi e di acque impetuose. L’uragano ci devasta, ci indebolisce, ci impaurisce, e quando finalmente arriviamo nell’occhio, quella calma illusoria la scambiamo per liberazione e sollievo. Invece non è che l’anticamera del colpo finale. Perciò stiamo attenti a non cadere in questo tranello: non rimaniamo intrappolati in un vortice di maledizione, ma cerchiamo aiuto nel Signore e nella comunione fraterna. Non siamo chiamati a combattere le tempeste da soli.

Il Signore, quando opera, non lascia nulla a metà: Egli porta a compimento ciò che ha iniziato (Flp. 1,6). Egli è potente a tirarci fuori dai nostri “cicloni” e a mantenerci al riparo dalla loro influenza. Per questo possiamo confidare pienamente in Lui in ogni circostanza (Sal. 28,7; Flp. 4,6-7). Scegliamo allora di entrare nel Suo ciclo di benedizione: un percorso in cui ogni prova diventa occasione di crescita nella fede, fino a raggiungere la piena statura del Messia (Ef. 4,13-15), sostenendoci a vicenda e portando i pesi gli uni degli altri.


Conclusione

I cicloni in natura portano devastazione, e in senso simbolico rappresentano le sfide, le difficoltà e le crisi che attraversiamo nella nostra vita terrena. Tuttavia, bisogna fare attenzione a non confondere l’occhio del ciclone con un vero segno di sollievo o di sicurezza solo perché, per un momento, non soffia il vento. Quando Dio interviene, Egli placa la tempesta oppure, se sceglie di permetterla, ci accompagna attraverso di essa, donandoci la fede necessaria per uscirne più forti di prima e portarci sempre più lontano dalla sua influenza, fino a metterci davvero al sicuro. Il nemico, invece, insieme ai pensieri non radicati nella Scrittura, ci illude con l’apparente calma dell’occhio del ciclone, una fittizia pace che non è frutto dell’opera dello Spirito, ma dell’apatia spirituale. Una pseudo-pace che inganna, perché non produce alcuna vera trasformazione interiore.

Per questo, afferra con forza la mano del Signore, Colui che viene in tuo soccorso e ti libera da ogni afflizione. Il Suo scopo ultimo è renderti, mediante l’opera del Suo Spirito, sempre più simile a Lui, facendoti crescere non solo nella fede personale ma soprattutto in quella comunitaria, vissuta nella vita fraterna. Come è scritto in Rom. 8,28:

Or sappiamo che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il Suo disegno.

Anche se i cicloni della vita possono essere di una portata devastante, abbiamo la certezza che nel Messia ne usciamo sempre vincitori, purché restiamo saldamente aggrappati al Signore dei signori.

 Cosa posso fare?
Se mi accorgo di trovarmi nell’occhio del ciclone, non intendo fermarmi in quella calma apparente. La migliore cosa da fare è:
  1. Tornare subito alla Parola: dedicarmi ogni giorno a leggere e meditare un passo che mi ricordi chi è Dio e cosa ha fatto per me (Sal. 119,105).
  2. Rafforzare la preghiera: non devo limitarmi a chiedere che la tempesta finisca, ma chiedere la forza di attraversarla con fede (Flp. 4,6-7).
  3. Cercare la comunione fraterna: devo condividere la mia lotta con un fratello o una sorella maturi nella fede; non devo affrontare da solo la prova (Gal. 6,2).
  4. Riconoscere i falsi sollievi: se percepisco una calma che non porta trasformazione interiore alla mia vita, non devo accontentarmi né riposarmi sugli allori. Devo chiedere allo Spirito Santo discernimento, perseveranza e saggezza (Giac. 1,5).
  5. Mantienere lo sguardo sul Messia: devo ricordare che Yeshua non solo placa le tempeste, ma cammina con me in mezzo ad esse (Mt. 14,29-31).
Così, non resterò intrappolato in una tregua illusoria, ma uscirò davvero dalla tempesta, trasformato e rafforzato nella fede.


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