Introduzione
Ogni settimana, la Parashah ci invita a riscoprire la voce eterna della Scrittura, che non è solo memoria, ma presenza viva. La porzione di oggi ci guida attraverso tre momenti della rivelazione, tutti centrati su un tema essenziale: la presenza di Dio nel mezzo del Suo popolo. Dal santuario nel deserto, al tempio nel regno di Giuda, fino alla persona del Messia, vediamo che Dio non abita in costruzioni umane, ma desidera un popolo che cammini secondo il Suo modello.
Le letture di oggi ci mostrano tre volti della stessa verità: Dio abita dove trova fedeltà, ordine divino e cuore umile.
Parashah (Esodo 25–27)
Il modello del Santuario
Prima ancora di dare istruzioni tecniche, Dio chiede offerte volontarie. Il Tabernacolo, dimora della Sua presenza, dev’essere costruito non solo con materiali preziosi, ma con cuori disposti. È un’opera collettiva, ma non arbitraria: tutto deve seguire esattamente il modello mostrato a Mosè sul monte. Non c’è spazio per iniziative o personalizzazoni umane, né interpretazioni personali.
Il progetto inizia dal cuore stesso del santuario: l’arca del patto, rivestita d’oro puro, simbolo del trono divino. Al suo interno, le tavole di pietra rappresentano la Torah, fondamento del patto con Israele. Il propiziatorio, con i cherubini al di sopra, richiama la gloria di Dio che abita tra i Suoi.
Ogni arredo parla in modo profetico del Messia:
- Il legno dell’arca allude alla Sua umanità, l’oro alla Sua divinità.
- Il propiziatorio prefigura Yeshua come sacrificio espiatorio.
- La tavola dei pani della presentazione annuncia il pane della vita, offerto quotidianamente in comunione.
- La Menorah accesa, anche di notte, richiama la vocazione di Israele e del Messia: essere luce fra le nazioni.
- L’altare di bronzo rappresenta l’olocausto consumato per intero, figura dell’offerta totale di Yeshua.
Il Tabernacolo è un messaggio visibile, una teofania strutturata: ogni suo elemento riflette la gloria del Figlio. Ancora oggi, ogni vero atto di culto dev’essere edificato su questo stesso modello divino, nel Messia e secondo il Messia.
Haftarah (2 Re 11,17–12,17)
Fedeltà che persevera
Il passaggio dal Tabernacolo al Tempio ci conduce a un’altra fase della rivelazione. Nel tempo del re Yoas, vediamo che la casa del Signore richiede non solo costruzione, ma costanza. Sotto la guida del sacerdote Yeoiada, Yoas compì ciò che è giusto agli occhi di Dio. Ma quella fedeltà era legata a un uomo, non ancora interiorizzata nel cuore del re.
Yeoiada fu un uomo saggio e timorato di Dio. Si dedicò al bene del regno e alla cura del Tempio. Il suo impatto fu tale che, alla sua morte, ricevette l’onore di essere sepolto con i re, pur non essendo di stirpe reale. Questo ci mostra quanto, agli occhi di Dio, il carattere conti più del lignaggio.
Yoas, invece, una volta privo del sostegno morale del sacerdote, mostrò la sua debolezza. Quando il re di Siria marciò contro Gerusalemme, egli scelse di barattare i tesori sacri del Tempio per comprarsi la pace. Una scelta politica, ma spiritualmente fallimentare. Da costruttore del Tempio, divenne distruttore del suo onore. E alla fine morì sotto il giudizio divino.
Questa storia è un solenne richiamo per noi: la fedeltà non è vera finché non è indipendente. Non possiamo vivere di luce riflessa. Serve una decisione personale e duratura. Yeoiada è un esempio di perseveranza santa; Yoas un avvertimento severo. Le nostre scelte mostrano se stiamo costruendo o compromettendo il santuario di Dio in noi.
Besorah (Matteo 17,25-27)
Libertà con discernimento
Nel Vangelo, la scena cambia: non siamo più davanti a un santuario fatto di legno e metalli preziosi, ma alla presenza viva del Santuario incarnato: Yeshua. A Lui viene chiesto se pagherà il tributo per il Tempio. La Sua risposta a Pietro è illuminante: i figli del re non sono tenuti a pagare tasse al proprio padre. Il Tempio è la casa del Padre, e il Figlio ne è l’erede. Egli è dunque libero.
Ma Yeshua non esercita la Sua libertà come provocazione. Non vuole dare scandalo, né creare fraintendimenti. Perciò, compie un miracolo discreto e potente: indica a Pietro di pescare, e nella bocca del primo pesce troverà lo statere necessario per la tassa. Questo atto manifesta l’onniscienza e sovranità del Messia: Egli sa dove si trova ogni cosa, anche in fondo al mare.
La lezione è profonda: la maturità spirituale non è solo sapere di essere liberi, ma saper usare la libertà con amore. Anche noi, discepoli di Yeshua, siamo liberi dalla legge cerimoniale, ma non siamo mai liberi dalla legge dell’amore per il prossimo. In tutto ciò che non riguarda la santità o la verità, siamo chiamati a non offendere, a non ostentare, ma a edificare. La vera libertà sa quando tacere, quando cedere, quando servire.
Conclusione
Dal progetto del Tabernacolo alla riforma del Tempio, fino al tributo pagato con un miracolo, il messaggio è uno solo: Dio vuole abitare tra noi, ma secondo il Suo modello. Yeshua è il centro invisibile attorno a cui ruotano tutte queste realtà. Egli è l’arca e il trono, il pane e la luce, il sommo sacerdote e il Re, il Figlio libero e sottomesso. In Lui tutto trova compimento.
👣Invito all'azione
Oggi più che mai, siamo chiamati a diventare santuari viventi. Non bastano edifici sacri: Dio cerca vite consacrate, cuori che riflettano la Sua gloria, esistenze che portino la Sua presenza nel mondo.
Sii saldo come Yeoiada, che non indietreggiò mai nella santità.
Sii saggio come Pietro, che imparò a vivere la libertà con rispetto e discernimento.
Sii come Yeshua, il Messia: verità incarnata, umiltà gloriosa, luce tra le tenebre.
In un’epoca di confusione, compromessi e deserto spirituale, risuoni potente la voce di Dio: “In mezzo a loro Io dimoro”. Che sia vero anche di noi. Che sia vero ora.
Ascolta la parashah di Daniele Salamone (25/02/2023)