La storia umana, intesa come un ciclo di eventi che si ripetono con maggiore intensità nel corso del tempo, solleva interrogativi interessanti sulla natura della rivelazione divina e sul ruolo dei profeti e del profetismo nel discernere e annunciare il futuro. Se la storia segue un percorso ciclico, come suggerisce l’osservazione di alcuni eventi biblici che si ripetono e si intensificano (tribolazioni, persecuzioni, esili, “avventi” messianici, liberazioni, ecc.), è plausibile supporre che Dio abbia comunicato ai profeti una visione del “ciclo temporale” della storia umana, permettendo loro di scrutare il futuro alla luce degli eventi passati. Questo concetto apre la strada a una riflessione sul modo in cui i profeti, muniti di una comprensione profonda delle Scritture e dei testi profetici che li hanno preceduti, potrebbero aver identificato schemi e tendenze ricorrenti, e come ciò possa spiegare la triplice applicazione di alcune profezie: passata, presente e futura.
La ciclicità della storia e la rivelazione ai profeti
La concezione di una storia ciclica trova una base teologica nelle Scritture, che spesso presentano eventi e temi ricorrenti. Eccl. 1,9, per esempio, enuncia il concetto che
Ciò che è stato è quel che sarà; ciò che si è fatto è quel che si farà; non c’è nulla di nuovo sotto il sole.
Questo suggerisce che la storia umana non è solo lineare, ma si ripete in cicli, dove gli eventi si manifestano con maggior forza in determinati periodi. In questo contesto, si può ipotizzare che Dio abbia rivelato ai profeti una comprensione unica dei cicli storici, consentendo loro di leggere il passato come una chiave per comprendere, discernere e decifrare il futuro con estrema precisione. La rivelazione divina non si limitava a rivelazioni dirette attraverso sogni e visioni enigmatici (Num. 12,6-7), ma si esprimeva, come vedremo fra poco, anche attraverso un’analisi profonda delle Scritture, delle esperienze passate e dei segni che Dio aveva lasciato nella storia.
La visione profetica di eventi futuri, quindi, non sarebbe un atto di divinazione astratta, ma un discernimento che nasce da una conoscenza storica profonda e dall’ispirazione di Dio. Questo ci permette di comprendere come i profeti potessero applicare le Scritture in modo dinamico e profondo, riconoscendo modelli ricorrenti che anticipavano eventi futuri. Tali eventi erano “discernibili” anche dalla condotta di Israele: in base alla sua obbedienza ai comandamenti o al rifiuto delle leggi, il futuro avrebbe riservato al popolo di Dio determinate conseguenze.
La triplice applicazione delle profezie
Una delle caratteristiche distintive della profezia è la sua capacità di avere una triplice applicazione: passata, presente e futura. Numerosi testi profetici, come quelli di Isaia, Geremia, Ezechiele, Daniele e Apocalisse, spesso mostrano una valenza temporale che si estende oltre l’immediato contesto storico, fino ad assumere una duplice o addirittura triplice valenza nel corso della storia. Un esempio emblematico è rappresentato dall’oracolo di Ez. 27,11-19, che tratta della caduta del re di Tiro. Mentre il testo si riferisce a un evento storico contemporaneo al profeta, esso può essere letto anche come la descrizione passata della caduta primordiale di satana e, in una prospettiva futura, della caduta dell’anticristo escatologico. In alcuni casi, queste tipologie di profezie si estendono fino agli eventi riguardanti la venuta del Messia e la consumazione dei tempi, dimostrando la complessità e la profondità della rivelazione profetica biblica.
L’apostolo Pietro (1 Pt 1,10-12) evidenzia che i profeti «indagarono e fecero ricerche» riguardo alla salvezza futura. Questo processo di indagine non era casuale, ma si radicava profondamente nello studio delle Scritture, che, insieme ai sogni e alle visioni, costituiva la fonte d’ispirazione profetica. Pietro parla di indagini e ricerche, un’investigazione degli scritti sacri precedenti, in cui i portavoce di Dio cercavano di comprendere in modo più profondo la rivelazione divina nella storia.
Un esempio di questo progresso rivelatorio si trova nello stretto rapporto tra il profeta Daniele e l’autore dell’Apocalisse. Daniele, dopo aver delineato una visione profetica del futuro, conclude la sua rivelazione fino a un certo punto della storia, oltre il quale non gli è dato di andare (Dan. 12,4); successivamente, l’autore giovanneo riprende e continua la rivelazione da dove Daniele aveva interrotto (cfr. Ap. 22,10), simile a una staffetta in cui un atleta prosegue la corsa da dove l’altro si era fermato.
Le Scritture come fonte di discernimento
L’importanza della Scrittura nella vita del profeta non può essere sottovalutata. Se da un lato i profeti ricevevano oracoli attraverso sogni e visioni (Num. 12,6-7), dall’altro essi facevano uso dei sacri rotoli della Scrittura per comprendere meglio la volontà di Dio e i tempi futuri. La Scrittura, nel suo complesso, costituiva una fonte primaria di discernimento, sia riguardo al passato, il presente e il futuro. I profeti studiavano attentamente i testi sacri e li interpretavano sotto l’ispirazione dello Spirito Santo (2 Pt. 1,21), cercando di comprendere le “tendenze” e gli schemi ciclici divini che si ripetevano nella storia.
In effetti, come evidenziato in passi come Sal. 119,105, dove si afferma che «la Tua Parola è una lampada al mio piede e una luce sul mio cammino», la Scrittura era per i profeti una guida fondamentale per orientarsi nel caos e nell’incertezza dei tempi più bui della storia d’Israele. Dio non solo rivelava il futuro attraverso visioni e sogni, ma anche attraverso la lettura e l’applicazione della Sua Parola, che fungeva da “bussola temporale” e dava ai profeti una visione limpida dei temi ricorrenti e delle sue promesse per il futuro.
Conclusioni
La comprensione dei cicli storici e la rivelazione divina che permetteva ai profeti di discernere il futuro sono temi centrali nella teologia biblica. I profeti, consapevoli della ripetizione degli eventi storici, scrutavano con profondità le Scritture e i testi profetici precedenti, riconoscendo schemi che si sarebbero ripetuti. Questa capacità di vedere nel passato le radici degli eventi futuri spiega come un determinato brano profetico possa avere una triplice applicazione: passata, presente e futura.
L’indagine e la meditazione sui testi sacri, come sottolineato dall’apostolo Pietro, era una pratica fondamentale per i profeti, che cercavano di comprendere non solo ciò che era stato rivelato a loro, ma anche ciò che era scritto nel passato, affinché potessero applicare la Parola di Dio alla realtà dei loro giorni e al futuro. Giovanni, nella sua Apocalisse, avalla questa tesi perché nel suo scitto contiene complessivamente circa 500 allusioni alla Torah, ai Profeti e agli Scritti del Tanakh! La Scrittura, quindi, non è solo un documento storico attendibile, ma una guida viva che continua a ispirare e illuminare i credenti, proprio come faceva con i profeti nel passato.