Introduzione
Poiché un bambino ci è nato, un figlio ci è stato dato, e il dominio riposerà sulle sue spalle; sarà chiamato Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre eterno, Principe della pace,
Il passo di Isaia 9,5 (Nuova Riveduta) è spesso citato per dimostrare — gisutamente — la divinità del Messia, perché vi si legge: «Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre eterno, Principe della pace». Ma questo titolo, «Padre eterno» (in ebraico אבי־עד, 'avi-'ad), non va frainteso come identità della persona di Yeshua (il Figlio) con il Padre celeste. Già i teologi del periodo patristico riconobbero il pericolo del modalismo — quella deformazione della Trinità che equipara le Persone divine — e rigettarono l’idea che il Figlio sia la “stessa persona” del Padre. Come osserva David Sunday, Isaia «non sta insegnando che Dio Figlio, la seconda persona della Trinità, è la stessa persona di Dio Padre».
Di seguito mostrerò invece, con rigore esegetico, linguistico ed ermeneutico, che 'avi-'ad significa piuttosto «padre dell’eternità» — ossia un padre per sempre — con riferimento all’azione paterna del Messia verso il Suo popolo, senza confonderla alla Ipostasi o Persona del Padre.
Contesto messianico di Isaia 9,5
Isaia 9,5 pronuncia una grande profezia sul «Figlio» che porterà salvezza a Israele. Benché alcuni esegeti ebrei abbiano cercato un compimento nel re Ezechia, i cristiani credono che sia riferimento al Messia. Al di là del contesto storico, l’accento è sulla persona regale del Messia: è «Dio potente» e al tempo stesso un «Padre» che governa amorevolmente. Il focus biblico non è sulla Sua relazione intratrinitaria, ma sulla Sua caratteristica ministeriale verso il popolo di Dio.
In altre parole, Isaia enfatizza il carattere paterno del Messia; non affronta direttamente i ruoli interni alla Trinità. Come rileva Sam Storms: si tratta di
un’analogia descrittiva che indica il carattere di Cristo [...] egli è paterno, simile a un padre, nel suo trattamento di noi.
In questa prospettiva profetica, il Messia è presentato come un Padre per il Suo popolo — eterno non come seconda persona divina del Padre, ma eterno nella Sua paternità e governo.
Analisi linguistica di «Padre eterno» (אבי עולם)
Letteralmente, l’espressione ebraica אבי־עד ('avi-'ad) significa «padre dell’eternità» o «padre dei secoli». Il primo termine ('avi) è un costrutto che vuol dire «padre di», mentre 'ad indica qualcosa di perpetuo, che dura nelle generaizoni. Gran parte dei commentatori concorda che nel costrutto ebraico il sostantivo primario è 'avi (padre di) modificato da 'ad. In altre parole, non si tratta di un titolo duale come «Dio-Padre», ma di una perifrasi:
Yeshua è padre che dura per sempre
La frase ebraica descrive non l'identità del Figlio nella Persona del Padre, ma la paternità del Messia. Come uno zio può essere paterno nei confronti dei suoi nipoti, Yeshua è paterno nei confronti dei Suoi discepoli, pur essendo il Figlio e non IL Padre. Il redentore sarà dunque un padre il cui status paterno è senza fine. In questo senso, «il Messia sarà un padre, e la sua paternità sarà senza fine».
Hans Wildberger, studioso biblico, afferma esplicitamente che «aviy-ʿad può significare soltanto "padre dell’eternità"». Questo implica che il Messia coesiste con l’eternità, come «creatore del tempo e dell’eternità» (come sottolineano Rydelnik e Spencer), ma senza identificare il Figlio con il Padre. Anche Walter Kaiser spiega che colui che arriverà «in seguito» (il Messia) è in realtà presente «dal principio dei tempi e anche prima».
In sintesi, dal punto di vista linguistico ed esegetico, il testo ebraico non dice «Padre Eterno» come nome proprio divino, ma «Padre dell’eternità», ovvero un padre eterno per il popolo.
La figura eternamente paterna del Messia
Nel Tanakh molte volte titoli con «Dio» o «padre» sottolineano un ruolo di cura, protezione o origine. Si veda l'esempio di Giuseppe nei confronti del Faraone:
Non siete dunque voi che mi avete mandato qui, ma è Dio. Egli mi ha stabilito come padre del faraone, signore di tutta la sua casa e governatore di tutto il paese d'Egitto (Gen. 45,8)
La scelta di Isaia di chiamare il Messia «padre» non introduce confusione tra le Persone divine, ma evidenzia il Suo ruolo paterno nel governo eterno del Regno messianico. Lo stesso Isaia utilizza l’immagine del padre per descrivere un sovrano benigno
lo vestirò della tua tunica, gli allaccerò la tua cintura, rimetterò la tua autorità nelle Sue mani; Egli sarà un padre per gli abitanti di Gerusalemme e per la casa di Giuda (Is. 22,21)
Un commentario esaustivo nota che il profeta usa il titolo «Padre» perché «nessun altro termine esprimeva così bene l’idea di un governo amorevole e protettivo». In pratica, il Messia è “Padre dell’eternità” nel senso che governerà con eternità di saggezza e cura paterna: proteggerà il Suo popolo indefinitamente. Poiché il Suo Regno durerà «per sempre» (in Isaia 9si ribadisce che la pace Sul Trono di Davide non avrà fine), il profeta conclude che in questo aspetto «in qualche senso egli parteciperebbe dell’eternità di YHWH».
Ciò significa che «Padre» è un titolo metaforico che descrive il carattere del Messia (infatti in Is. 53,10 il Messia è padre di una «discendenza» di giusti), non un’identità ontologica. In altre parole, il Messia è “padre” perché fonda e cura il nuovo popolo di Dio, proprio come il Padre celeste è Padre di tutti i credenti. Sam Storms ribadisce questo punto:
Isaia non sta guardando la persona del Figlio all'interno della Trinità, ma piuttosto il carattere del Messia verso di noi
Distinzione tra Padre e Figlio nella dottrina trinitaria
Dal punto di vista dottrinale, la tradizione cristiana insegna che Padre e Figlio sono distinte Persone nella medesima sostanza divina. La Scrittura stessa parla del Padre separatamente dal Figlio (Mt. 3,17; Giov. 1,18), pur affermando l’unità di Dio. Pertanto, è del tutto improprio dedurre da Is. 9,5 che Yeshua sia letteralmente il Padre. Già le Scritture Apostoliche affermano più volte la distinzione: per esempio, in Giov. 20,17 Yeshua risorto chiama Dio «Padre Mio», sottintendendo una relazione personale. Non sta dicendo «Padre Mio» a Sé stesso.
L’interpretazione biblica coerente afferma che, pur essendo Yeshua Dio nella Trinità, Egli non è il Padre ma il Figlio. I titoli messianici di Isaia non confondono le Persone: «Dio potente» e «Padre di eternità» sono attributi del Messia che indicano la Sua natura divina e il Suo Regno eterno, ma non alterano il Suo stato di Figlio eterno del Padre. Come sottolinea anche la NET Bible, non bisogna interpretare il titolo «Padre eterno» in un senso trinitario anacronistico: il Figlio è distinto dal Padre, e qui il titolo raffigura piuttosto il re come protettore del suo popolo.
Argomentazione logica e confutazione del modalismo
Dal punto di vista logico ed esegetico, leggere «Padre eterno» come identità del Figlio col Padre genera una palese contraddizione. Un principio basilare dell’esegesi è che la Scrittura non si contraddice mai: non è concepibile che un versetto neghi quanto affermano gli altri sul piano fondamentale. In Isaia 9,5 vediamo chiaramente che il Messia è chiamato sia «figlio» (il testo apre con «un figlio ci è stato dato») sia «padre» nel medesimo contesto. Come fa giustamente notare Brent Riggs,
Poiché Gesù è chiamato "figlio" e "padre" nello stesso versetto, sappiamo che questo non può essere letterale, poiché rappresenterebbe un’ovvia e puerile contraddizione
Proviamo per assurdo il seguente ragionamento: se è evidentemente assurdo che una persona sia contemporaneamente figlio di qualcuno e, allo stesso tempo, quel qualcuno stesso, tanto più insensato sarebbe affermare che “figlio” e “padre” si riferiscano a una sola e stessa persona. Se nella stessa frase rivolgiamo ad una persona il titolo di “figlio” e il titolo di “padre”, l’unica soluzione sensata è che il secondo titolo abbia un significato diverso (una metafora, un’onorificenza, ecc.), non che abbiamo scoperto un’impossibile identità di persona. Chi insinua che questo versetto affermi l’unità della persona ignora questo chiaro principio esegetico e deve forzare il testo (eisegesi) per farlo rientrare in una categoria che Isaia non sta trattando.
Anzi, come sottolinea Riggs, prendere “Padre eterno” come prova che “Yeshua è il Padre” contraddirebbe centinaia di altri passi in modo palese. Il Tanakh abbonda di riferimenti al Padre e al Figlio come Persone distinte (basti pensare a Davide, a Gionatan e al re di Israele). Chi sostiene che il Messia è il Padre dovrebbe ignorare o reinterpretare a forza molti testi, da Genesi a Malachia, che implicano una pluralità di Persone in Dio. Ricordiamoci anche che nel cuore della rivelazione cristiana c’è l’affermazione evangelica: Gesù, il Figlio, è stato «dato» a noi; se poi magicamente diventasse anche il Padre, la narrazione stessa dell’Incarnazione crollerebbe. È lampante, come Notteplatec commenta su Isaia 9,5, che quando Isaia pronuncia «sarà chiamato Padre eterno», si riferisce alle qualità pastorali del Messia, non a una nuova teologia trinitaria criptata. Infatti, la NET Bible evidenzia che questo titolo ritrae semplicemente il re messianico come «protettore del Suo popolo», allo stesso modo in cui il Padre celeste protegge i Suoi figli, ma senza confondere le loro Persone.
I commenti protestanti e messianici rinforzano questo ragionamento. Per esempio, Rydelnik e Spencer osservano appunto:
il figlio nato qui non va confuso con il Padre nel Dio trino. Piuttosto, il Figlio è il creatore del tempo, l’autore dell’eternità.
L’idea è che il Messia è partecipe della natura eterna di Dio perché opera la creazione e governa eternamente, non perché annulli la distinzione tra le Persone divine. In buona sostanza, nessun passo scritturale obbliga a leggere “Padre eterno” come identità personale: al contrario, ogni argomento esegetico e filologico spinge a intenderlo come titolo indicante il carattere del Messia.
Conclusione
In conclusione, come credente impegnato nello studio fedele e insegnamento della Parola, devo affermare con chiarezza che nulla in Isaia 9,5 conferma l’idea modalista che «Yeshua è il Padre». Al contrario, l’analisi del testo ebraico e del contesto profetico ci mostra che Padre eterno significa “padre dell’eternità” nel senso di “padre eterno” per il Suo popolo. Il Messia è presentato come un sovrano infinitamente saggio e custode amorevole dei Suoi sudditi — un padre permanente nella cura dei giusti — mentre IL Padre celeste rimane la Persona distinta che nella Scrittura rivolge a Yeshua parole di amore e comunione.
Per questo dico al lettore credente: possiamo essere sicuri della genuinità trinitaria della fede evangelica senza dover far dire alla Bibbia cose che non dice. Anzi, il rigore esegetico ci porta a esaltare la bellezza della distinzione personale nella Trinità: un unico Dio in tre Persone, dove il Figlio è eternamente Dio e “Padre dell’eternità” nel senso di Colui che governa con paternità ('av) generazionale ('ad), ma non è il Padre nella Sua Persona. Con rispetto e fermezza affermo, nella prospettiva cristiana, che ogni altra interpretazione non solo contraddirebbe la logica ma diminuirebbe la ricchezza della Bibbia.
In definitiva, la Scrittura ci guida alla verità: se il bambino è figlio, tanto più è padre nell’anima del credente. Ma padre eterno resta il Padre che è nei cieli. Io, che amo la verità della Parola, sono dunque convinto che Isaia 9,5 non conferma il modalismo, ma piuttosto illumina la paternità perpetua del Messia a favore del Suo popolo, senza mai equipararlo al Padre celeste nella Sua Persona se non solo nella Sua Deità.